La llorona

In Messico e in diversi paesi latinoamericani esiste una figura leggendaria conosciuta come la Llorona, la donna che piange. La sua origine è antica ed è entrata a far parte dell’immaginario collettivo. Ci sono alcune testimonianze che la vedono apparire già nel periodo coloniale, con l’arrivo devastante di Hernàn Cortés.
La Llorona si dice che appaia di notte in un pianto disperato. Forse quello di una madre che ha perso i figli. Alcuni ne parlano come di una donna che chiede perdono, altri di una dea che ha visto il suo popolo sterminato. Appare come una donna forte che, però, è in qualche modo vittima. La Llorona rappresenta il dolore profondo di una perdita irrimediabile, così vicina al regno dei morti. Spesso appare prossima a fonti d’acqua: ruscelli, fiumi, laghi. L’acqua come simbolo di vita, di rinascita e di distruzione allo stesso tempo. In alcune versioni è una donna disperata per la perdita dei propri figli che cerca di uccidere i figli delle altre, spargendo il loro sangue con un atto che ricorda i sacrifici umani agli dèi di epoche lontane. La LLorona come madre e morte, che che ama e si ama profondamente, dalla quale si fugge e che, però, sarà sempre disposta ad accogliere i suoi figli quando sarà il momento.

La llorona

Ho conosciuto questa leggenda grazie a una tazza di tè mate che la rappresentava e che mi è stata regata da un’amica di Tucumàn. Ho avuto poi modo di leggere e di ascoltare canzoni su questa donna che piange.
Delle canzoni esistono varie versioni che riportano diversi versi, tutti particolarmente struggenti.

Dicono che non soffro, llorona,
perché non mi vedono piangere
ci sono morti che non fanno rumore, llorona,
ed è più grande la loro pena.

Due baci porto nell’anima
che non si separano da me:
l’ultimo di mia madre
e il primo che ti ho dato.

Ahimé llorona,
llorona di azzurro celeste…
e anche se mi costasse la vita, llorona,
non smetterò di amarti.

Non so cosa abbiano i fiori, llorona,
i fiori del camposanto
che quando il vento li muove, llorona,
sembra che stiano piangendo.

Ahimé llorona,
llorona, di un campo di gigli.
Chi non conosce l’amore, llorona,
non sa cos’è il martirio.

Ahimé llorona,
llorona, portami al fiume
coprimi con il tuo velo, llorona,
perché sto morendo di freddo.

 

 

Share

Un concerto in casa

L’evento ha avuto luogo al Pigneto, il quartiere che una volta era di Pasolini e che oggi è in mano agli hipster, un po’ fighetto e un po’ straccione con l’isola pedonale piena di locali, giovani, stranieri e luci al led bianche che dovrebbero far risparmiare soldi ala città secondo i nuovi piani.

Il Pigneto

Il preludio

Ci si è incontrati alle 19:30 in un locale per l’aperitivo, il posto era bello ma la birra era un po’ annacquata. In compenso il tagliere di salumi era ottimo e tra una fetta di prosciutto e un pezzo di pecorino con miele abbiamo iniziato a conoscerci. Il pianista, Luca Longobardi, non era con noi, ci aspettava a casa. In questo modo avrei conosciuto gli altri del pubblico prima di conoscere l’artista. L’effetto è stato quello di creare una certa familiarità con gli altri e avere meno timore, poi, di interagire con Luca.

Saremmo stati al massimo una ventina e il gruppo era molto variegato: c’erano architetti, registi, pedagoghi, psicologi ecc… e pochi si intendevano di musica. In fondo si vedeva la bellezza dell’arte che è grado di coinvolgere più persone a più livelli.

Il concerto in casa

House concertDopo un’oretta tra cibo, alcol e chiacchiere siamo stati invitati a salire. L’appartamento era abbastanza grande, considerando gli standard del Pigneto, ed era arredato con uno stile tra il minimal e il vintage. Alle pareti c’erano opere e installazioni artistiche lasciate da alcuni artisti passati di lì. A quei concerti avevano già preso parte più di 600 persone e ne era nato un cd e presto ne sarebbe nato anche un vinile.
Appena entrati, siamo stati accolti dalla musica e dal pastis, un liquore francese a base di anice. I brani erano segnati in una scaletta distribuita tra il pubblico e venivano presentati di volta in volta da Luca stesso. Ci teneva, come ci ha detto dall’inizio, a far ascoltare i suoi brani nel luogo dove quei brani erano nati, raccontandoci anche la storia del suo pianoforte.

Luca Longobardi

Interazioni artistiche

A metà dell’house concert è stata presentata un’altra artista, Ivana Marrone, che aveva esposto lì una sua installazione. Luca l’ha introdotta dicendo che “le cose belle vanno nutrite e bisogna dargli spazio”. L’opera di Ivana, chiamata “ri-scatti” consisteva nel raccogliere delle vecchie fotografie di sconosciuti, acquistate su varie bancarelle, e chiedere a varie persone di “riscattarle”, cioè di appropriarsi in qualche modo di quella fotografia descrivendola o raccontando una storia partendo da quell’immagine. A questo riscatto hanno partecipato persone conosciute, come Erri De Luca, Vinicio Capossela, Carlo Virzì, Antonio Marras e persone comuni. Durante il concerto ognuno di noi ha potuto adottare una foto e lasciarsi ispirare dalla musica, dalla foto e dal pastis.

In questo turbine sono trascorse più di due ore, al termine delle quali ci guardavamo tutti con un sorriso soddisfatto, quasi in uno stato di grazia.

Share

Declamare poesie in strada – La poesia inattuale

 

LisbonaLe cose più belle ti arrivano gratis e la vera gioia sta sempre in un incontro
inaspettato. Quando vivevo a Lisbona, facevo delle lunghe passeggiate. In una di quelle, mentre camminavo con un’amica, mi son fermato a vedere delle foto fatte da un artista di strada. Quello che le vendeva, però, non era il fotografo, era un suo collega e amico. Lui, il venditore, era invece un poeta e declamatore di poesie. Quando gli ho detto che amo la poesia me ne declamate tre.
La prima di queste, scritta da lui, avrei voluto fissarla nella memoria ma ne ricordo solo alcuni versi che recitavano più o meno così:

“Volevo amare, e ho odiato,
Volevo perdonare, e ho castigato,
Volevo dare, e ho preso,
Alla fine volevo morire, ma ero già morto”

E io che volevo ricordare ho già dimenticato, mi verrebbe da aggiungere.
L’uomo ci ha, poi, invitato a un reading di poesia che si tiene tutti i mercoledì sera nella Praça das flores 8. Il luogo che ospita queste letture di poesie è un piccolo bar privato dove si entra solo se si conosce già il luogo.
Ho scoperto quel mercoledì che quegli incontri di poesia sono molto conosciuti tra i poeti portoghesi e, così mi han detto, gran parte dei poeti contemporanei hanno declamato le loro poesie lì. I portoghesi pubblicano molte poesie e ci tengono particolarrmente alla fama del Portogallo come di un paese di poeti.
La serata è stata aperta da una donna che, da come ho saputo, ha organizzato questo evento fin dall’inizio. Ha esordito con il vibrante boa noite, scandito al microfono. Il boa noite è il saluto che si usa per la sera ma, come ha sottolineato, più che un semplice saluto è un augurio.
Ogni partecipante era libero di sedersi a turno sullo sgabello davanti agli altri e declamare al microfono due poesie, che potevano essere proprie o di autori celebri. Gli altri ascoltavano sui propri divanetti, bevevano e qualcuno mangiava. Io ho preso un tè. L’età media era sopra i 50 anni e il locale era pieno, nonostante non fosse un giorno particolare. Purtroppo diverse persone fumavano e così il locale si era riempito di fumo, rendendo l’aria irrespirabile.
Per un attimo mi son sentito in un’altra epoca, un po’ per l’atmosfera e un po’ per la poesia che, come mi vien da pensare, è sempre inattuale.

Share

C’è differenza – L’importanza delle parole

Le parole sono importanti e le lingue offrono espressioni che sembrano simili ma che sono profondamente diverse. Queste parole le ho scritte per alcuni amici nel marzo 2013.

Foglie al vento

C’è differenza

Tra essere ossessivi ed essere coerenti.
Tra chiudere gli occhi e stringere i denti.
Tra prendere per mano e trascinare.
Tra ispirare qualcuno e plagiare.
Tra ridere insieme e insieme deridere.
Tra il chiedere con garbo e l’esigere.
Tra il romantico e il patetico.
Tra il cotone e il tessuto sintetico.
Tra lasciare spazio e annullarsi.
Tra farsi da parte e appartarsi.
Tra lo sfogarsi e il piangersi addosso.
Tra la tempesta e il mare mosso.
Tra dare con la pancia e dare con il cuore.
Tra provare fastidio e sentire dolore.
Tra l’essere soli e l’essere liberi.
Tra le persone e i mammiferi.
Tra illuminare la strada e accecare.
Tra scuotere la coscienza e giudicare.
Tra scrivere a qualcuno e informare.
Tra donare con grazia e prestare.
Tra la rabbia più cieca e la frustrazione.
Tra il tenere in vita e la mortificazione.
Tra il dire qualcosa e il parlare.
Tra lasciare andare e abbandonare.
Tra il talento e la passione.
Tra realismo e disillusione.
Tra intelligente e intellettuale.
Tra comunitario e solidale.
Tra ciò che è facile e ciò che è semplice.
Tra essere informato ed essere complice.
Tra il giorno di festa e la festa del giorno.
Tra chi ti vuole accanto e chi ti vuole intorno.
Tra l’essere sensibile e l’essere emotivo.
Tra l’essere istintivo e l’essere impulsivo.
Tra tracannare birra e sorseggiare vino.
Tra avere una visione e illudersi.
Tra il ritirarsi e il chiudersi.
Tra il nero e il marrone.
Tra un aereo di carta e un aquilone.
Tra insegnare ed essere modello.
Tra quel che piace e ciò che è bello.
Tra una porta socchiusa e una finestra spalancata.
Tra un tenue sorriso e una risata.
Tra l’ammettere e il concedere.
Tra continuare, andare avanti e procedere.
Tra perdonare e giustificare.
Tra abituarsi a stare insieme e continuare ancora ad amare.

Share

La maratona e il sentimento di appartenenza

Maratona di Berlino

In tedesco si chiama Zusammengehoerigkeitsgefühl ed è il sentimento di appartenenza ad un gruppo. Ho sentito per la prima volta questo termine quando, insieme ad un amico, mi son ritrovato ad organizzare una maratona a Berlino. Il progetto non era nato proprio come maratona. Si sa che le città cambiano a seconda dei mezzi con cui ci si muove: esistono delle città in metropolitana, delle città a piedi, delle città in taxi e delle città in auto. A entrambi piacciono molto la città a piedi e un paio di volte abbiamo camminato anche per 4-5 ore di fila, con qualche pausa caffè. Così ci siam proposti di organizzare qualcosa con più persone, anche sconosciuti. La mia idea era quella di una lunga passeggiata nelle strade di Berlino, esplorando nuovi quartieri, scoprendo caffè particolari e facendo nuove amicizie. Lui, tedesco e sportivo, ha proposto di utilizzare il percorso della maratona di Berlino, lungo 42 chilometri, perché oltre ad essere pronto e definito aveva anche il pregio di includere gran parte dei quartieri della città. Sarebbe stata una maratona a passeggio e io, che non ho mai corso una maratona, ho pensato che fosse un’idea interessante.
L’attività è stata rilanciata su alcuni social network e ha avuto subito molto successo, raccogliendo rapidamente circa 20 partecipanti. Il percorso partiva e si concludeva ad AlexanderPlatz e la partenza era prevista alle 9. Rispetto ai tedeschi partecipanti ero vestito meno sportivamente ma avevo più scorte di cibo e di acqua. Il risultato è stato sentire di più i dolori fisici ma non i crampi della fame. Condividere il cibo è stato anche un modo per iniziare a parlare con gli altri partecipanti: ho così stretto amicizia con una ragazza francese che lavorava come insegnante, con una ragazza giapponese che viveva in Germania da quando era bambina e con un ragazzo di Amburgo che lavorava nell’e-commerce. La maratona è durata poco più di 11 ore, comprese le pause per il bagno, ma il gruppo si è ristretto nel frattempo a 12-13 partecipanti. Nessun morto, solo qualche ferito.
Io non ho terminato la maratona. O meglio: non ho terminato la prima maratona. Infatti ce ne sono state altre e continuano ad essercene. Nella prima mi son rititato a ¾ del percorso, per un problema al tendine del piede destro, nella seconda ho interrotto a metà perché avevo un impegno, mentre nella terza sono riuscito ad arrivare fino alla fine ma quasi perdendo l’uso degli arti inferiori.
Molti mi hanno chiesto perché l’ho fatto. Ho risposto che una vita straordinaria è fatta di eventi fuori dall’ordinario, ma non ci ha creduto nessuno. La verità è che non lo so. Forse è vero quel che ha detto un amico di Monaco: a Berlino avete troppo tempo libero.

Citazioni a cui ho pensato mentre scrivevo:

  • Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe. (Proverbio sioux)
  • Anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo. (Lao Tzu)
Share