Hannah Arendt

Rahel Varnhagen

Rahel Varnhagen. Storia di un’ebrea è un testo molto importante scritto dalla Arendt. Il libro è una biografia di Rahel Varnhagen, un’artista ebrea del romanticismo tedesco. Il testo viene concluso nel 1933, ma dal ’33 al ’36 aggiunge altri due capitoli: “Paria e parvenus” e “Dall’ebraismo non si esce”. Il libro non viene pubblicato solo nel 1957 a Londra.

Rahel Varnhagen

Una biografia per due donne

Rahel Varnhagen è lo specchio di Hannah Arendt. Entrambe le donne, Rahel Varnhagen e Hannah Arendt, condividono caratteristiche simili come l’indifferenza verso la pratica religiosa, una situazione economica non agiata e una famiglia assimilata. Inoltre, entrambe sono state testimoni di una forte ondata di antisemitismo nella società tedesca.

Tuttavia, nonostante le somiglianze, Arendt mostra una forte avversione verso il personaggio di Rahel Varnhagen, come descritto dallo scrittore Karl Jaspers (lo chiama «scarso affetto»). Questo odio è dovuto al fatto che Rahel Varnhagen affronta queste condizioni in modo diverso da come Arendt ritiene che debbano essere affrontate.

Rahel Varnhagen e l’assimilazione impossibile

Il personaggio di Rahel Varnhagen, descritto da Arendt, rappresenta la lotta per l’emancipazione degli ebrei nella società tedesca del XIX secolo. Tuttavia, nonostante i suoi sforzi per assimilarsi e convertirsi, Rahel Varnhagen si rende conto alla fine della sua vita che non è possibile fuggire dall’ebraismo e che l’unico modo per assimilarsi è accettare l’antisemitismo.

In questo senso, il personaggio di Rahel Varnhagen sottolinea l’importanza della storia e dell’appartenenza culturale per la comprensione dell’individuo. Come esclama Rahel Varnhagen stessa: «Che cos’è l’individuo senza la sua storia? Solo un essere naturale». L’individuo ha senso solo all’interno del suo contesto storico e culturale.

L’errore dell’illuminismo

Il discorso illuministico, secondo Hannah Arendt, propone di trasformare gli ebrei in uomini, chiedendo loro di rinunciare alla propria ebraicità. L’illuminismo, utilizzando la forza della ragione, cerca di emancipare gli ebrei anche dalla loro ebraicità, creando una scissione tra la verità della ragione e la verità della storia. Tuttavia, Arendt sottolinea che questa emancipazione individuale non può essere effettiva in una società dove la storia torna sotto forma di pregiudizi.

Karl Jaspers critica il modo in cui Arendt ha trattato l’illuminismo, che ha portato all’emancipazione degli ebrei, ma che ora viene accusato di antisemitismo.

Paria e parvenu

Nei capitoli aggiunti “Paria e parvenus” e “Dall’ebraismo non si esce”, Arendt introduce i concetti di “paria” e “parvenu”. Il paria è, nell’antica cultura indiana, l’individuo che è considerato “intoccabile”, fuori dalle caste.  Paragonabili ai paria sono, secondo Arendt, gli ebrei per la società europea.

Arendt sottolinea come la figura peggiore sia quella del paria inconsapevole, che cerca un’emancipazione individuale. Questo tipo di paria è spesso associato alla figura del parvenu, ovvero di colui che cerca di scalare la società arricchendosi velocemente.

In contrasto con queste figure, Arendt introduce la figura del paria consapevole, che riconosce la propria condizione come comune al suo popolo e si mette in comunicazione con gli altri paria per lavorare insieme per l’emancipazione collettiva.

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