Cinismo

La scuola cinica, fondata da Antistene di Atene nel IV secolo a.C., introduce una forma di filosofia radicalmente distinta, connotata da una ferma opposizione alle norme sociali convenzionali e una profonda dedizione a una vita naturale e semplice. Il termine “cinico” deriva dal greco “kynikos”, che significa “simile a un cane”, riflettendo l’approccio quasi bestiale alla vita adottato dai seguaci di questa filosofia.

Filosofia come modo di vivere

I cinici concepivano la filosofia non tanto come un insieme di teorie astratte, ma piuttosto come una guida pratica per vivere una vita veramente virtuosa. Essi ritenevano che la vera causa della sofferenza umana fosse l’incessante ricerca di beni materiali e il tentativo di evitare ciò che si percepisce come male. Sostenevano che queste percezioni di bene e male fossero in realtà relative e, in un certo senso, illusorie.

Promuovevano quindi un approccio alla vita privo di giudizi di valore, in cui non si dà eccessiva importanza alle distinzioni materiali o sociali, favorendo invece una pace interiore derivante dal riconoscimento che, in ultima analisi, “una cosa vale l’altra”.

Caratteristiche della filosofia cinica

La filosofia cinica si distingue per la sua netta opposizione non solo alle pratiche della popolazione generale ma anche alle abitudini di altri filosofi contemporanei. Mentre alcuni filosofi conducevano vite semplici e ritirate o dedicavano il loro tempo alla ricerca scientifica, i cinici respingevano completamente le convenzioni sociali.

Praticando una sorta di impudenza deliberata, trascuravano le norme comportamentali generalmente accettate, come la pulizia e l’educazione, e vivevano una vita nomade e indipendente, liberi dalle restrizioni imposte dalla società. Consideravano il denaro e il lusso come corrotti e inutili, e non cercavano stabilità o accettazione sociale, ma aspiravano a una libertà e indipendenza autentiche.

Approccio alla vita

Al centro della filosofia cinica vi è una dedizione assoluta alla libertà individuale e al rifiuto di ogni forma di vanità e lusso. I cinici vedevano lo stato naturale dell’uomo, osservabile nei bambini o negli animali, come una forma di esistenza superiore rispetto alla vita regolata dalle convenzioni sociali.

Perciò, sceglievano di vivere in armonia con la natura, evitando le trappole della civilizzazione. Consideravano la filosofia non solo come una riflessione teorica, ma anche come un esercizio pratico e costante, una sorta di allenamento volto a fortificare sia il corpo che lo spirito, favorendo così una pace interiore autentica e duratura.

La scuola cinica

Il movimento cinico, radicato nelle strade e nelle piazze di una Grecia in fervente attività intellettuale, presenta una natura straordinariamente irriverente e dissacrante rispetto ai valori e alle norme istituzionalizzate dell’epoca.

Antistene: il fondatore del cinismo

La scuola cinica prende le sue radici dagli insegnamenti di Antistene di Atene, figura considerata da molti come il fondatore di questa corrente, benché vi sia una discussione sull’effettiva attribuzione di questo titolo. Indubbiamente, Antistene è stato un discepolo di grande rilievo di Socrate, dal quale ereditò una visione della filosofia profondamente ancorata alla virtù. Secondo Antistene, la virtù costituisce il bene supremo, mentre tutto ciò che la società tende comunemente a categorizzare come “bene”, inclusi il piacere e le altre gratificazioni corporee, rappresentano un male, un tranello che distoglie l’uomo dalla vera natura delle cose. Egli non concedeva spazio ad altre realtà se non quella corporea, una presa di posizione radicale che lo pone come uno dei precursori del movimento cinico.

Diogene di Sinope: l’icona del cinismo

Diogene di Sinope è indubbiamente la figura più iconica di questa scuola di pensiero, un uomo la cui filosofia non rimaneva confinata ai trattati, ma permeava ogni aspetto della sua vita quotidiana. Era noto per aggirarsi per le strade con una lanterna, giorno e notte, affermando: «cerco l’uomo », un simbolo della sua incessante ricerca della verità e della natura umana. Platone, un altro celebre filosofo dell’epoca, lo aveva definito come un “Socrate impazzito”, evidenziando il suo approccio estremo e quasi fanatizzato nei confronti della filosofia socratica.

Il comportamento di Diogene rappresentava una sfida diretta alle convenzioni sociali e alle istituzioni del suo tempo. A differenza di Socrate, che pur provocando le persone a riflettere manteneva un certo rispetto verso le istituzioni, Diogene mostrava una totale indifferenza e disprezzo per il mondo convenzionale, vivendo in modo ascetico e rinunciando a ogni comfort e lusso.

Pirrone: l’Incorporeità dell’indifferenza

Pirrone, un contemporaneo di Diogene, è altresì una figura centrale nel panorama cinico. Notabile per il suo comportamento imprevedibile e la sua totale indifferenza nei confronti del mondo circostante, Pirrone incarnava un’etica di distacco assoluto. Questa indifferenza, che permeava ogni aspetto della sua vita, era talmente radicale da non fare distinzione alcuna tra piacere e dolore, vita e morte. La sua filosofia, tradotta in comportamento quotidiano, diveniva una sorta di prova vivente della possibilità di un’esistenza libera dalle costrizioni emotive e sociali dell’umanità.

Gesù di Nazareth era un cinico?

La congettura secondo cui Gesù di Nazareth potrebbe essere stato influenzato dalla scuola cinica o addirittura essere stato un filosofo cinico è un tema dibattuto che attraversa vari ambiti della ricerca storico-filosofica e teologica. Per analizzare tale questione, è opportuno focalizzarsi su alcuni elementi chiave che delineano la figura di Gesù e che mostrano delle somiglianze e delle differenze con le dottrine ciniche.

La vita di Gesù di Nazareth è stata caratterizzata da una marcata semplicità e da una chiara rinuncia ai beni materiali, un tratto che condivide con la filosofia cinica, la quale promuoveva un ritorno alla vita semplice, libera dalle sovrastrutture e dalle illusioni generate dai beni materiali. Inoltre, Gesù nel suo insegnamento non ha esitato a criticare apertamente le convenzioni sociali e le ipocrisie dell’epoca, un comportamento che trova paralleli con l’atteggiamento irriverente e critico dei filosofi cinici nei confronti della società. Infine, sia i cinici che Gesù ponevano un’enfasi significativa sulla virtù morale e sull’integrità personale come via per raggiungere un bene superiore. Nel caso di Gesù, questo bene è spesso identificato con il regno di Dio, una realtà in cui regnano la giustizia e la rettitudine morale.

Nonostante le similitudini, tuttavia, è importante sottolineare anche le divergenze significative tra la figura di Gesù e quella dei cinici. Mentre i cinici mantenevano una posizione più materialista, negando o mettendo in discussione l’esistenza del divino, Gesù predicava l’esistenza di un Dio personale, fondamento della moralità e della vita stessa. Anche se sia Gesù che i cinici utilizzavano un metodo dialettico incisivo per stimolare la riflessione nei loro interlocutori, il messaggio di Gesù aveva una profondità e una portata universale, cercando di instaurare un regno di amore e di giustizia, ben lontano dalla radicalità cinica che spesso rasentava il nichilismo.

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L’ellenismo e le filosofie ellenistiche

Dopo Aristotele la filosofia cambia radicalmente, soprattutto a causa del contesto storico-politico e delle sue conseguenze in ambito culturale. La diffusione dell’ellenismo e l’ascesa di Roma segneranno una grande rivoluzione in campo filosofico.

Contesto storico-politico

L’era ellenistica, cronologicamente compresa tra il 323 a.C. (anno della morte di Alessandro Magno) e il 31 a.C. (data della battaglia di Azio), segna un periodo di profonde trasformazioni nel panorama geopolitico dell’antico mondo mediterraneo. Il vasto impero creato dalle conquiste di Alessandro si frammenta in vari regni ellenistici, tra cui spiccano la Macedonia e l’Egitto, governati da monarchie di tipo assolutistico ed orientaleggiante. In questo contesto, la polis, nucleo vitale della cultura classica greca, perde la sua centralità, cedendo il passo a un’organizzazione politica in cui il cittadino libero e attivo viene sostituito dalla figura del suddito, assoggettato a un potere centralizzato e assoluto.

Contesto culturale

Si afferma un uso generalizzato della lingua greca (koinè = una lingua comune che si sovrappone ai dialetti locali) e quindi c’è un’ampia circolazione di opere e intellettuali. Nel fervente ambiente culturale ellenistico, assistiamo a un marcato trasferimento dell’attenzione dalla comunicazione orale alla scrittura. Il libro guadagna un posto di preminenza, dando impulso allo sviluppo di biblioteche e istituti di ricerca designati come “musei”, termine derivato da “mouséion”, che indica il tempio delle Muse. Il mecenatismo dei sovrani stimola e nutre l’intellettualità, facendo emergere la figura dell’intellettuale professionista, dedito all’approfondimento e alla disseminazione del sapere, ora suddiviso in diverse branche specializzate. Si assiste, quindi, a una separazione tra scienza e filosofia, ognuna con aree di competenza ben delineate e con centri di ricerca distinti, come Atene e Alessandria d’Egitto.

Il cosmopolitismo

Sotto l’egida dell’impero, l’ellenismo promuove una visione cosmopolita, segnata da un universalismo che travalica i confini delle singole città-stato greche. Questo fenomeno incarna una sorta di “messaggio di salvezza”, portato avanti dalle diverse scuole filosofiche che, non limitandosi più all’ambito cittadino, mirano a indirizzare l’intera umanità conosciuta. Questa apertura verso l’universalità costituisce un importante tratto distintivo della filosofia ellenistica, contraddistinta da un forte grado di cosmopolitismo.

Le filosofie ellenistiche

In questo clima culturale fertile, la filosofia ellenistica prospera, divenendo un mezzo per valorizzare una nuova immagine di civiltà e quotidianità. Le classi sociali elevate trovano nella filosofia una risorsa preziosa, uno strumento capace di offrire soluzioni ai problemi esistenziali quotidiani, agendo come una forma di terapia mentale volta a indicare percorsi verso la serenità e la felicità.

Il ruolo del filosofo

Il filosofo, in questa era, assume una veste quasi sacerdotale, offrendo consolazione e orientamento nella ricerca della salvezza personale. Le diverse scuole filosofiche – cinica, stoica, epicurea e scettica – delineano percorsi distinti di liberazione da convenzioni sociali, false credenze e timori irrazionali. Questi maestri di saggezza sollecitano una adesione totale e incondizionata alle loro dottrine, proponendo un modello di vita che aspira all’elevazione morale e spirituale.

L’ascesa di Roma e il rapporto con l’ellenismo

Parallelamente, si deve menzionare l’ascesa di Roma, una potenza in rapida espansione che, pur essendo inizialmente estranea a questo contesto, inizia ad assimilare e integrare elementi della cultura ellenistica, soprattutto nel campo della filosofia e delle arti. Questa fusione culturale facilita l’irradiazione del pensiero ellenistico in un contesto più ampio, arricchendo la tradizione intellettuale romana e contribuendo a forgiare la cultura del mondo antico in un modo che avrebbe lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’umanità.

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