Le parole sono finestre (oppure muri)

Le parole sono finestre (oppure muri) – Introduzione alla comunicazione nonviolenta“, scritto da Marshall B. Rosenberg, è l’introduzione al metodo di Rosenberg per migliorare e sviluppare le connessioni empatiche. A volte gli esempi forniti, le frasi usate e le situazioni descritte suonano un po’ artificiali (non so se è dovuto alla traduzione), ma in generale ci sono spunti interessanti su cui lavorare. Il libro si rivolge, soprattutto, agli educatori e ai futuri formatori o mediatori.

Le parole sono finestre - Marshall Rosenberg

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Maria Montessori

Maria Montessori - 1000 lire

Il viso di Maria Montessori è famoso in Italia, perché per molti anni è stata l’unica donna a essere rappresentata su una banconota: era infatti il volto che osservava gli italiani sulla banconota più diffusa, quella da mille lire.
Nata nel 1870 vicino ad Ancona, ha compiuto studi di Medicina, con grandi risultati. Ha iniziato a occuparsi di bambini con problemi psicologici e con un suo collega ha avuto un figlio. Il collega però l’ha abbandonata e lei ha dovuto allevare il figlio dicendo che era un nipote, perché in quell’epoca era difficile per le donne avere figli senza essersi sposate. Si è avvicinata alla teosofia, una dottrina che univa scienza e fede religiosa.
Maria Montessori criticava l’educazione che la società dell’epoca dava ai bambini, perché pensava che fosse troppo rigida e non sviluppasse le potenzialità dei piccoli. Allora ha sviluppato un metodo educativo, alla cui base c’era l’idea che il bambino avesse grandi potenzialità e che i maestri dovessero lasciargli sviluppare queste capacità liberamente.
Tra 1907 e 1909 sono nate, a Roma e a Milano, le prime scuole, dirette da sue allieve, che usavano il suo stesso metodo, che si è diffuso negli anni successivi in tante altre scuole. Il suo libro, Metodo, è stato tradotto in tutto il mondo.
E’ morta nel 1952 in Olanda, dove era andata a vivere negli ultimi anni.

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Don Lorenzo Milani

Don Lorenzo Milani

Nato nel 1923 a Firenze da una famiglia borghese, con madre ebrea, Lorenzo Milani studia a Milano al liceo classico e all’Accademia di Brera. Attraverso l’arte sacra, Lorenzo si avvicina al Vangelo e alla religione cattolica, frequenta il seminario e diventa sacerdote nel 1947.

Subito mostra interesse per i più poveri e deboli: operai e contadini che non possono studiare e cambiare posizione nella società. Nel 1954 diventa priore della parrocchia di Barbiana, piccolo paese della montagna fiorentina, dove è inviato a causa di alcune divergenze con l’arcivescovo. Qui offre agli studenti delle famiglie più povere una scuola unica e speciale, per aiutarli nello studio e superare le difficoltà legate alle condizioni famigliari. Il motto della scuola è l’inglese “I care” (contrapposto al motto “me ne frego” dei fascisti): a don Lorenzo sta a cuore il destino di ognuno degli studenti, nessuno dei quali deve rimanere indietro, il contrario di quanto fa – secondo don Milani – la scuola di Stato. A Barbiana invece, tutti gli studenti collaborano alla didattica: chi sa di più aiuta gli altri e la scuola è aperta 365 giorni l’anno.

Don Lorenzo Milani

Nel 1965 diventa famoso per avere scritto, in L’obbedienza non è più una virtù, una lettera a un gruppo di cappellani militari (cioè i preti che seguono i soldati nell’esercito), che hanno in precedenza scritto contro l’obiezione di coscienza (cioè la possibilità di non entrare nell’esercito per la leva militare ma di fare altre attività). Don Milani viene accusato e processato in tribunale.

Nel 1966 scrive, insieme con i ragazzi della scuola di Barbiana, il celebre Lettera ad una professoressa, in cui condanna la struttura della scuola esistente e presenta i principi della scuola di Barbiana.

Muore nel 1967, ad appena 44 anni, per un male gravissimo. Secondo molti, don Milani è considerato uno dei padri del Sessantotto italiano e della contestazione, perché ha messo in discussione gli aspetti più conservatori della società dell’epoca, identificati nella scuola e nell’esercito.

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Debate: l’arte di vincere con le parole

Il debate è una metodologia didattica efficace per sviluppare competenze trasversali come il pensiero critico e la comunicazione. Si tratta di una discussione formale tra due squadre, ciascuna delle quali sostiene un’affermazione data, schierandosi apertamente per o contro di essa.

Debate

A differenza di una discussione libera, in un dibattito la domanda attorno alla quale si ragiona è chiusa e richiede di schierarsi apertamente. Il debate prevede la presenza di un moderatore e di un timekeeper e i debater devono documentarsi, suddividersi i compiti, prevedere una strategia di interventi, formarsi un’opinione e difenderla.

Il debate ha una funzione educativa importante poiché permette di sviluppare la flessibilità mentale e l’apertura alle visioni degli altri. Il debate non è semplicemente public speaking, perché quest’ultimo è centrato sull’individuo mentre il debate è un lavoro di squadra. Inoltre, essendo un lavoro di squadra, il debate obbliga gli studenti a motivare le proprie opinioni attraverso l’osservazione e l’analisi, sviluppando il senso critico. 

Debate

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