Le “leggi razziali” nell’Italia fascista

Il fascismo arrivò al potere in Italia nel 1922, quando Benito Mussolini diventò capo del governo e, in seguito, dittatore (“Duce”).

Nell’Italia fascista, gli ebrei (circa 47 mila, su una popolazione italiana totale di oltre 41 milioni di abitanti) vivevano integrati con il resto della popolazione: come tra tutti gli italiani, anche tra gli ebrei c’erano i fascisti e gli antifascisti, i più ricchi e i più poveri, i più istruiti e i meno istruiti. In più va detto che la comunità ebraica italiana (quella di Roma in particolare) era la più antica comunità ebraica d’Europa (presente nella Penisola fin dal II secolo a.C.).

Negli anni ’30, il regime fascista cominciò a percorrere la strada del razzismo: con la guerra d’Etiopia (1935-1936), quando cioè l’Italia aggredì e poi annesse il paese dell’Africa Orientale, si sviluppò l’idea di evitare il “rischio” di una popolazione di “meticci”, cioè di persone nate dall’unione tra italiani bianchi e africani neri. In questo modo il fascismo produsse le prime norme di stampo razzista, vietando il matrimonio tra bianchi e neri.

In pochi mesi il razzismo diventò anche antisemitismo (ostilità contro gli ebrei), cioè quella forma particolare di razzismo che era molto diffusa in Europa in quegli anni: nella Russia zarista di inizio secolo, nella Germania nazista, nella Polonia della dittatura militare e così via. Nei primi mesi del 1938 anche in Italia ci fu una violenta campagna antisemita, che portò il regime fascista a promulgare, tra settembre e novembre, le “leggi razziali”, cioè delle leggi in cui si diceva che gli italiani erano “ariani” e che gli ebrei non erano mai stati italiani.

A partire da quel momento, gli ebrei italiani non potevano più lavorare nelle amministrazioni pubbliche, insegnare o studiare nelle scuole e università italiane, far parte dell’esercito, gestire alcune attività economiche e commerciali che il fascismo giudicava “strategiche” per la nazione. Di anno in anno le misure contro gli ebrei diventarono sempre più dure, fino al 1943, quando l’occupazione tedesca dell’Italia del centro-nord diventò una tragedia anche per gli ebrei italiani, molti dei quali finirono nei campi di concentramento e di sterminio.

Le leggi razziali

In quegli anni gli italiani si comportarono in maniera molto diversificata nei confronti dei loro connazionali di origine ebraica: in molti casi li aiutarono a sopravvivere e, al momento del bisogno, li nascosero e portarono in salvo; in altri casi, soprattutto nelle città più piccole, ne approfittarono per ricavare dei vantaggi economici e li denunciarono alle autorità.

Le leggi razziali

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Margherita Sarfatti

Margherita Sarfatti è una delle figure più importanti del primo Novecento italiano:  scrittrice, giornalista, critica d’arte, promotrice dell’arte italiana nel mondo e a lungo amante e consigliera di Benito Mussolini.

Margherita Sarfatti

Margherita Grassini, che dopo il matrimonio con Cesare Sarfatti prenderà il suo cognome, nasce nel 1880 da una famiglia ebraica e benestante di Venezia. Riceve una buona istruzione ed è fiera della sua cultura ebraica, nonostante si converta, poi, al cattolicesimo. Parla varie lingue e conosce molti artisti e intellettuali celebri all’epoca: è la prima donna a occuparsi di critica d’arte in Europa.

A ventidue anni si trasferisce a Milano dove, insieme al marito, frequenta gli ambienti socialisti e comincia a scrivere per L’Avanti, organo di stampa del Partito socialista italiano. Al giornale, la Sarfatti conosce Benito Mussolini, che ne diventerà il direttore e, dopo l’espulsione di Mussolini dal PSI, lo seguirà al giornale da lui fondato, Il Popolo d’Italia.

Il marito muore nel 1924 e la Sarfatti si trasferisce a Roma con i figli. L’anno successivo aderisce al Manifesto degli intellettuali fascisti e pubblica la biografia di Mussolini che ha un grande successo, sia in Italia che all’estero: in Inghilterra con il titolo The life of Benito Mussolini e in Italia col titolo DUX. Il libro ha aiutato non poco a creare il mito del duce.

Con la sua grande cultura e le sue conoscenze, la Sarfatti ha contribuito a dare al fascismo una valenza culturale più articolata e che andasse oltre la politica: è a lei che si deve il richiamo alla romanità su cui il fascismo ha poi puntato.

Margherita Sarfatti

Nel 1932, però, la Sarfatti viene allontanata da Il popolo d’Italia e andrà a scrivere per la Stampa di Torino. Nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali, la Sarfatti abbandona l’Italia andando prima a Parigi e poi in Argentina. La sua famiglia in Italia verrà deportata ad Auschwitz da cui non farà più ritorno.

Tornata in Italia, nel 1947, molti amici le voltano le spalle e in tanti la accusano di complicità. Nel 1955, la Sarfatti pubblica un’autobiografia intitolata Acqua passata, in cui la figura di Mussolini è praticamente assente. Vivrà, così, in modo appartato fino alla sua morte nel 1961.

 

 

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Cruciverba – Fascismo

Un cruciverba sul fascismo, per ripassare in modo stimolante.

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