La casa degli spiriti

“Cosí come quando si viene al mondo, morendo abbiamo paura dell’ignoto. Ma la paura è qualcosa d’interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà”. La chiamano realismo magico quella narrazione in cui elementi fantastici intervengono nella storia, senza che ciò stravolga il contesto realistico: ” Clara abitava un universo inventato da lei, protetta dalle avversità della vita, dove la verità prosaica delle cose materiali si confondeva con la verità tumultuosa dei sogni, nei quali non sempre funzionavano le leggi della fisica e della logica”. Il romanzo di Isabel Allende, uscito nel 1982, è ambientato in Cile in un periodo che arriva fino al colpo di stato del 1973. Tuttavia, la politica fa solo da sfondo a una storia famigliare e personale. Leggendo il libro si arriva a credere che gli spiriti abitino un mondo parallelo, il dietro le quinte di un palcoscenico, che è la vita di persone che possono assomigliarci. Il romanzo, bello e scorrevole, è un piccolo tuffo in una solitudine da cui è difficile fuggire: “lei non credeva che il mondo fosse una Valle di lacrime, ma al contrario una burla di Dio, sicché era stupido prenderlo sul serio, se Lui stesso non lo faceva”.

La casa degli spiriti

Incipit:

Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora aveva l’abitudine di scrivere le cose importanti e più tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant’anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore.

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