La mafia

La mafia è un complesso di organizzazioni criminali, diffuse su base territoriale, rette dalla legge dell’omertà e strutturate gerarchicamente.

Emerge per la prima volta in Sicilia negli anni successivi all’unità (1861) e si presenta all’inizio come una società segreta che esige obbedienza, cioè «umiltà», un termine che nella versione dialettale diventa «omertà».

La mafia non è solo un fenomeno criminale ma spesso rappresenta una «patologia» del potere. La mafia ha espresso ed esprime il rifiuto delle leggi dello Stato da parte di diversi soggetti sociali e istituzioni.
La mafia è diventata più forte nei territori dove lo Stato era più debole.

La mafia ha assunto nel corso del tempo diverse fisionomie che hanno giustificato l’uso plurale del termine «mafie», che indica la presenza di organizzazioni criminali su territori diversi da quello originario della Sicilia occidentale, per esempio la ‘ndrangheta in Calabria e la camorra nell’area vesuviana.

Mafia

Le attività mafiose

Sul piano locale, la principale attività è l’estorsione sistematica (il «pizzo») esercitata su attività economiche lecite e illecite.

Dagli imprenditori di vari settori dell’economia legale (commercio, edilizia, agricoltura) i mafiosi pretendono tangenti promettendo di ‘proteggerli’ contro la delinquenza, ossia da altri gruppi di mafiosi, e spesso per questa via diventano essi stessi imprenditori. Altra attività è il commercio illegale (stupefacenti, armi, prodotti di contrabbando) anche su larghissima scala.

Legato alla mafia è anche il fenomeno del «clientelismo», con cui si identifica la pratica disonesta con cui personaggi influenti o individui dell’amministrazione pubblica instaurano un sistema di favoritismi e scambi.

Le caratteristiche

La mafia si è configurata come un’organizzazione di controllo del territorio e ha assunto tre caratteristiche fondamentali:

-La forma del clan parentale, compatto nel mantenimento della segretezza nei confronti dell’avversario concorrente e dell’autorità;

-Il modello dell’associazione segreta, con un rito di affiliazione che crea un’ulteriore esclusione dalla società civile;

-La forma di una rete di affari di scala sovralocale e internazionale, con un fluido giro di affari.

La mafia non è mai statica ma è sempre in movimento, si rinnova, si adegua continuamente ai grandi mutamenti istituzionali o di mercato.

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Giovanni Falcone

Giovanni Falcone

Nato a Palermo nel 1939, Giovanni Falcone studia Giurisprudenza e diventa magistrato. Opera fin da subito in Sicilia e nel 1978 riesce a farsi trasferire a Palermo, dove entra negli uffici del magistrato Rocco Chinnici e lavora accanto a un altro giudice presto molto famoso, Paolo Borsellino. Insieme organizzano uno degli uffici giudiziari più efficienti, facendo fare enormi progressi alla lotta contro la mafia. Una delle innovazioni è l’attenzione particolare ai flussi bancari e finanziari, che permette di dimostrare con chiarezza il potere, in Italia e all’estero (soprattutto negli Stati Uniti) di Cosa Nostra, la mafia siciliana. L’arrivo alla Procura di Palermo di Antonino Caponnetto (che sostituisce Chinnici, assassinato dalla mafia nel 1983) porta una novità: la nascita del “pool” antimafia, cioè un gruppo di magistrati che si occupano solo di mafia e che lavorano scambiandosi informazioni ed esperienze, ottimizzando le risorse per le indagini. I successi sono subito notevoli, come l’arresto del boss mafioso Tommaso Buscetta e il completamento del “Maxiprocesso”, che nel 1987 porta a centinaia di condanne per mafia. Proprio quell’anno cominciano a manifestarsi i cattivi rapporti tra Falcone e alcuni ambienti della Magistratura, portando a un arretramento nel lavoro antimafia della Procura di Palermo. In quegli anni Falcone è al centro di aspre polemiche, che di fatto rompono in fronti contrapposti il blocco anti-mafia, favorendo notevolmente la crescita del potere di Cosa Nostra.

Strage di Capaci

Falcone viene anche chiamato a Roma per collaborare con il Ministero della Giustizia, allo scopo di innovare a livello nazionale la lotta alla mafia, ma le divisioni sono ormai radicate. Il 23 maggio 1992, di ritorno da Roma a Palermo, mentre percorre l’autostrada che porta dall’aeroporto di Punta Raisi al capoluogo siciliano, Giovanni Falcone subisce uno spaventoso attentato. Cinque quintali di tritolo (TNT) fanno esplodere la sua auto e quelle della scorta. Rimarranno uccisi lo stesso Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta (Vito SchifaniRocco DicilloAntonio Montinaro).

Il 25 maggio, il giorno del funerale, la moglie di Vito Schifani, la 22enne Rosaria, ha pronunciato in chiesa parole che hanno commosso l’Italia, per la disperazione e per il coraggio del perdono:

 

«Io, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani – Vito mio – battezzata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato – lo Stato… – chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, però, se avete il coraggio di cambiare… loro non cambiano… se avete il coraggio… di cambiare, di cambiare, loro non vogliono cambiare loro… di cambiare radicalmente i vostri progetti, progetti mortali, che avete. Tornate a essere cristiani. Per questo preghiamo nel nome del Signore che ha detto sulla croce: “Padre perdona loro perché loro non lo sanno quello che fanno”. Pertanto vi chiediamo per la nostra città di Palermo che avete reso questa città sangue, città di sangue… Vi chiediamo per la città di Palermo, Signore, che avete reso città di sangue – troppo sangue – di operare anche voi per la pace, la giustizia, la speranza e l’amore per tutti. Non c’è amore, non ce n’è amore, non c’è amore per niente».

Giovanni Falcone - Corriere della Sera

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Carlo Alberto Dalla Chiesa

Carlo Alberto Dalla Chiesa

Carlo Alberto Dalla Chiesa è stato un generale dei Carabinieri e prefetto della Repubblica. Ha lavorato fin dal 1949 in Sicilia, dove ha indagato su numerosi crimini di mafia. E’ stato trasferito in varie città del Nord (Firenze, Como, Milano, Roma, Torino) ed è diventato anche protagonista della lotta alle Brigate Rosse, il gruppo terroristico che ha insanguinato l’Italia negli anni Settanta. Nel 1981 è diventato vice comandante generale dell’Arma dei Carabinieri e si è meritato la fama di ufficiale affidabile e integro. Nell’aprile 1982 è stato trasferito nuovamente in Sicilia, come prefetto di Palermo. Qui ha lanciato diversi appelli pubblici per chiedere allo Stato maggiore forza nella lotta alla mafia. In quei mesi ha ottenuto alcuni successi, con arresti di diversi mafiosi della famiglia dei corleonesi, ma la mafia l’aveva già preso di mira. Il 3 settembre, mentre era in macchina con la moglie Emanuela Setti Carraro, la loro auto è stata affiancata da un’altra, da cui sono partiti numerosi colpi di arma da fuoco, che hanno ucciso la coppia. Ai funerali il vescovo di Palermo, il card. Salvatore Pappalardo, ha accusato la politica di Roma di avere abbandonato la Sicilia, mettendo in imbarazzo le autorità presenti in chiesa. Negli anni successivi i mandati e gli esecutori materiali dell’omicidio sono stati condannati.

 

 

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