L’infelicità per troppa vita nel sangue

Antonia Pozzi

Antonia Pozzi nacque a Milano il 13 febbraio 1912. Figlia di un importante avvocato e di una contessa, Antonia Pozzi frequentò il liceo Manzoni di Milano dove si innamorò del suo professore di greco e latino, Antonio Maria Cervi. Questo amore fu ostacolato e i due furono separati, “non secondo il cuore, ma secondo il bene”.
Scrisse fin da adolescente poesie ma non descrisse mai quegli ambienti nobili ed eleganti che doveva conoscere. A questi spazi preferiva la montagna e la natura.

Nel 1930 si iscrisse alla facoltà di filologia dell’Università statale di Milano, laureandosi con una tesi su Gustave Flaubert. In questi anni divenne grande amica di un altro poeta, Vittorio Sereni.
All’università, inoltre, Antonia Pozzi fu corteggiata da un’altra ragazza con la quale andava in giro mano nella mano.

Amò la cultura, la letteratura, la fotografia. Viaggiò per l’Europa parlando l’inglese, il francese e il tedesco. Cominciò a insegnare in un istituto tecnico, progettò un romanzo storico sulla Lombardia e si impegnò a favore dei poveri.
Quando furono introdotte le leggi razziali in Italia, nel 1938, Antonia Pozzi scrisse che “forse l’età delle parole è finita per sempre”.

Il 3 dicembre dello stesso anno, ingerendo dei barbiturici, Antonia Pozzi si uccide, a soli 26 anni.

 

Share

Nulla due volte

La poesia di Wisława Szymborska mi è arrivata in modo inaspettato. Un suggerimento al volo: «la conosci?». No, non la conoscevo e non pensavo che l’avrei apprezzata tanto.
La sua sensibilità, la sua ironia, le immagini forti e immediate, le parole piccole e care, anche grazie alle bellissime traduzioni di Pietro Marchesani.

Wislawa Szymborska

La prima poesia che ho letto è stata Nulla due volte, poi ho comprato diverse sue raccolte: “Vista con granello di sabbia”, “Discorso all’ufficio oggetti smarriti”, “Due punti” fino alla raccolta di tutte le sue poesie dopo la sua scomparsa.

Con la semplicità del linguaggio e il suo tocco leggero, riesce a parlare della condizione delle persone guardando la realtà da prospettive originali, come la vista da un granello di sabbia.

Queste sono alcune delle poesie che rileggo spesso:

Share

Declamare poesie in strada – La poesia inattuale

 

LisbonaLe cose più belle ti arrivano gratis e la vera gioia sta sempre in un incontro
inaspettato. Quando vivevo a Lisbona, facevo delle lunghe passeggiate. In una di quelle, mentre camminavo con un’amica, mi son fermato a vedere delle foto fatte da un artista di strada. Quello che le vendeva, però, non era il fotografo, era un suo collega e amico. Lui, il venditore, era invece un poeta e declamatore di poesie. Quando gli ho detto che amo la poesia me ne declamate tre.
La prima di queste, scritta da lui, avrei voluto fissarla nella memoria ma ne ricordo solo alcuni versi che recitavano più o meno così:

“Volevo amare, e ho odiato,
Volevo perdonare, e ho castigato,
Volevo dare, e ho preso,
Alla fine volevo morire, ma ero già morto”

E io che volevo ricordare ho già dimenticato, mi verrebbe da aggiungere.
L’uomo ci ha, poi, invitato a un reading di poesia che si tiene tutti i mercoledì sera nella Praça das flores 8. Il luogo che ospita queste letture di poesie è un piccolo bar privato dove si entra solo se si conosce già il luogo.
Ho scoperto quel mercoledì che quegli incontri di poesia sono molto conosciuti tra i poeti portoghesi e, così mi han detto, gran parte dei poeti contemporanei hanno declamato le loro poesie lì. I portoghesi pubblicano molte poesie e ci tengono particolarrmente alla fama del Portogallo come di un paese di poeti.
La serata è stata aperta da una donna che, da come ho saputo, ha organizzato questo evento fin dall’inizio. Ha esordito con il vibrante boa noite, scandito al microfono. Il boa noite è il saluto che si usa per la sera ma, come ha sottolineato, più che un semplice saluto è un augurio.
Ogni partecipante era libero di sedersi a turno sullo sgabello davanti agli altri e declamare al microfono due poesie, che potevano essere proprie o di autori celebri. Gli altri ascoltavano sui propri divanetti, bevevano e qualcuno mangiava. Io ho preso un tè. L’età media era sopra i 50 anni e il locale era pieno, nonostante non fosse un giorno particolare. Purtroppo diverse persone fumavano e così il locale si era riempito di fumo, rendendo l’aria irrespirabile.
Per un attimo mi son sentito in un’altra epoca, un po’ per l’atmosfera e un po’ per la poesia che, come mi vien da pensare, è sempre inattuale.

Share

Fiori d’un istante – Poesia in piccoli tratti

Ko Un - Poeta, scrittoreEra inverno quando ho conosciuto le poesie di Ko Un, nel gennaio 2006. L’occasione è stata la presentazione della traduzione in italiano di una sua raccolta di poesie sŏn (zen), Fiore d’un istante, ad opera di Vincenza D’Urso per la Cafoscarina. L’incontro mi era stato suggerito da un’amica coreana ed era organizato a Roma, dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO).
Ko Un è uno degli scrittori coreani contemporanei più importanti:  nella sua carriera ha scritto più di 140 volumi, le sue opere sono state tradotte in 14 lingue ed è stato finalista per il premio nobel in più occasioni. La sua biografia, oltre alla sua poesia, è poi estremamente interessante. Nasce nel periodo dell’occupazione giapponese della Corea, in cui la lingua coreana era vietata a scuola. Vive il dramma della guerra che dividerà il suo paese, le varie dittature militari fino alla rinascita della Corea democratica. Come è stato detto durante quell’incontro: la Corea è stata distrutta varie volte e varie volte ha saputo rialzarsi. Ko Un vive tali vicende storiche in modo molto personale e molto intenso: dopo il tentativo di suicidio che lo lascerà sordo ad un orecchio, il poeta diventa monaco buddista per poi tornare allo stato laicale, si abbandona dapprima alla depressione che lo porterà ad un nichilismo estremo e alla fine deciderà di combattere per i diritti civili nel suo paese; causa, questa, che lo porterà in prigione diverse volte.
In uno di questi periodi di prigionia, a Ko Un viene permesso di leggere solo il vocabolario e questo lo spinge a concentrarsi ancora di più sulle parole e sul loro significato. Oggi dirige un progetto, con studiosi di entrambe le Coree, per la compilazione di un dizionario pan-coreano che preservi l’unità linguistica tra i due paesi.
Non tutti i poeti riescono a leggere in pubblico le proprie poesie, ma Ko Un riesce a trasmettere una grande passione nella sua lettura, anche a chi non conosce la lingua coreana (ne è un esempio il video sottostante).
La poesia ha un potenza creatrice che travalica ogni cosa.

Fiori d'un istante - Ko Un
L’ho visto scendendo
quel fiore che non avevo visto
salendo.

Come possono esistere solo fiori?
da quella parte
osserva anche l’arido letto del fiume
niente degno di essere visto
quello potrebbe essere il tuo amore.

Andate in Somalia
e guardate il vostro capitalismo
guardate il vostro socialismo
guardate gli occhi di bambini che muoiono di fame.

Un antico poeta disse
il paese è distrutto
ma le montagne e i fiumi resistono

il poeta di oggi dice
le montagne e i fiumi sono distrutti
ma il paese resisterà

il poeta di domani dirà
ahimè
le montagne e i fiumi sono distrutti
il paese è distrutto
tu
ed io siamo finiti

Mentre remavo
ho perso il remo

solo ora mi giro a guardare la grande distesa d’acqua.

Questo mondo…

qui una farfalla che svolazza
lì la dimora di un ragno.

Quella stupenda villa d’un ricco magnate
è disperazione per i mendicanti
e speranza per i ladri

Share