La nascita della filosofia è strettamente legata alla civiltà greca. Per capire l’origine del pensiero filosofico, però, è fondamentale comprendere il momento storico in cui è nato e per comprendere il momento storico è necessario osservare anche il contesto geografico in cui nasce. Il pensiero è sempre influenzato dalla storia e dalla geografia quindi è sempre importante tenerle ben presente. La filosofia, in ogni caso, non si può ridurre alla storia o alla geografia, perché le domande filosofiche sono domande sempre attuali.
Critica della vittima – Il potere immacolato
Critica della vittima è un pamphlet scritto da Daniele Giglioli, per i tipi della Nottetempo, nel 2014. Il libercolo è, appunto, una critica al paradigma vittimario. Bisogna innanzitutto sepcificare che questa critica non è un’indagine su chi siano queste vittime e se esse siano realmente tali, non è una mortificazione e neppure uno smascheramento delle presunte vittime. La critica della vittima non si rivolge al chi ma al cosa comporti essere vittime, quindi al potere che ne scaturisce.
«La vittima è l’eroe del nostro tempo. Essere vittima dà prestigio, impone ascolto, promette e promuove riconoscimento, attiva un potente generatore di identità, diritto, autostima. Immunizza da ogni critica, gatantisce innocenza al di là di ogni ragionevole dubbio. Come potrebbe la vittima essere colpevole, e anzi responsabile di qualcosa? Non ha fatto, le è stato fatto. Non agisce, patisce. Nella vittima si articolano mancanza e rivendicazione, debolezza e pretesa, desiderio di avere e desiderio di essere. Non siamo ciò che facciamo, ma ciò che abbiamo subìto, ciò che possiamo perdere, ciò che ci hanno tolto». (p. 9)
Se essere vittima o, ancora meglio, difensori delle vittime è fonte di potere, la critica della vittima appare oggi quanto mai necessaria. Infatti, dal momento che l’essere vittima ci mette nella condizione di poter agire al riparo da critiche (chi critica le vittime è tacciato di mancanza di empatia) allora apparire come vittima diventa l’aspirazione di chiunque punti al potere.
La vittima subisce e le sue azioni sono reazioni, pertanto chi agisce sembra impossibilitato ad agire diversamente. Quindi non è possibile neppure criticare l’agire della vittima. Ciò genera una profonda confusione tra libertà e irresponsabilità. Siamo liberi in quanto siamo responsabili di quel che facciamo, ma se non è possibile agire in modo diverso, allora non si può venire considerati responsabili per le nostre azioni.
La vittima è tale perché soffre, quindi non può smettere di soffrire, il suo dolore è perpetuo e viene costantemente sottolineato. Il dolore perpetuato, però, genera rabbia e tiene vivo il risentimento. La rabbia e il risentimento non si esauriscono perché a questo dolore non ci può essere soluzione.
Nel paradigma della vittima, la storia, intesa come processo condiviso, che è pubblicamente discutibile, diventa storia privata, quindi memoria che non può essere contestata, con la conseguenza di nutrire l’immaginario a discapito dell’analisi.
Lo status di vittima o difensore costituisce una forma di identità e il passato diventa l’unico strumento che orienta l’azione, contrastando ogni forma di traformazione. Da ciò ne consegue che l’identità che lo status conferisce è una identità così irrigidita che non ammette la contraddizione o il conflitto che dovrebbero essere processi naturali della società. Esige un’azione universale.
Tale spinta all’azione, nel momento stesso in cui fa appello alla vita negata, presenta quindi dei caratteri mortiferi:
«La proposopea della vittima rafforza i potenti e indebolisce i subalterni. Svuota l’agency. Perpetua il dolore. Coltiva il risentimento. Incorona l’immaginario. Alimenta identità rigide e spesso fittizie. Inchioda al passato e ipoteca il futuro. Scoraggia la trasformazione. Privatizza la storia. Confonde libertà e irresponsabilità. Inorgoglisce l’impotenza, o la ammanta di potenza usurpata. Se la intende con la morte mentre fa mostra di compiangere la vita. Copre il vuoto che soggiace a ogni etica universale. Rimuove e anzi rigetta il conflitto, grida scandalo alla contraddizione. Impedisce di cogliere la vera mancanza, che è un difetto di prassi, di politica, di azione comune». (p. 107)
La critica alla vittima non vuol dire non riconoscere che la vittima sia tale, che il suo dolore non sia vero dolore e che l’appello alla responsabilità non sia un appello giusto. Pur riconoscendo che la vittima è vittima, il dolore è dolore e la responsabilità resta responsabilità, è fondamentale vigilare verso i mistificatori che cercano di sfruttare la forza della condizione della vittima.
Smascherati i mistificatori, è importante, sottolinea Giglioli, restituire questa forza ai proprietari. La prima mossa in tale direzione consiste nel «cominciare o ricominciare a sentirsi parti in causa, non rappresentanti di una universalità spettrale» (p. 111), contrastando così «l’ossessione cospirativa», l’idea che tutta la società sia unita contro le vittime, perché questa ossessione è semplicemente una «razionalizzazione fallace» (p. 110).
La forza della vittima deve essere una spinta ad agire rifiutando, innanzitutto, una risposta unanime perché «una risposta unanime è soltanto una risposta falsa» (p. 111). Accettare che il conflitto non è risolvibile, accogliere la pluralità, sentirsi parti in causa sono strumenti fondamentali per evitare che la forza della vittima si risolva in un lubrificante dei meccanismi del potere.
Declamare poesie in strada – La poesia inattuale
Le cose più belle ti arrivano gratis e la vera gioia sta sempre in un incontro
inaspettato. Quando vivevo a Lisbona, facevo delle lunghe passeggiate. In una di quelle, mentre camminavo con un’amica, mi son fermato a vedere delle foto fatte da un artista di strada. Quello che le vendeva, però, non era il fotografo, era un suo collega e amico. Lui, il venditore, era invece un poeta e declamatore di poesie. Quando gli ho detto che amo la poesia me ne declamate tre.
La prima di queste, scritta da lui, avrei voluto fissarla nella memoria ma ne ricordo solo alcuni versi che recitavano più o meno così:
“Volevo amare, e ho odiato,
Volevo perdonare, e ho castigato,
Volevo dare, e ho preso,
Alla fine volevo morire, ma ero già morto”
E io che volevo ricordare ho già dimenticato, mi verrebbe da aggiungere.
L’uomo ci ha, poi, invitato a un reading di poesia che si tiene tutti i mercoledì sera nella Praça das flores 8. Il luogo che ospita queste letture di poesie è un piccolo bar privato dove si entra solo se si conosce già il luogo.
Ho scoperto quel mercoledì che quegli incontri di poesia sono molto conosciuti tra i poeti portoghesi e, così mi han detto, gran parte dei poeti contemporanei hanno declamato le loro poesie lì. I portoghesi pubblicano molte poesie e ci tengono particolarrmente alla fama del Portogallo come di un paese di poeti.
La serata è stata aperta da una donna che, da come ho saputo, ha organizzato questo evento fin dall’inizio. Ha esordito con il vibrante boa noite, scandito al microfono. Il boa noite è il saluto che si usa per la sera ma, come ha sottolineato, più che un semplice saluto è un augurio.
Ogni partecipante era libero di sedersi a turno sullo sgabello davanti agli altri e declamare al microfono due poesie, che potevano essere proprie o di autori celebri. Gli altri ascoltavano sui propri divanetti, bevevano e qualcuno mangiava. Io ho preso un tè. L’età media era sopra i 50 anni e il locale era pieno, nonostante non fosse un giorno particolare. Purtroppo diverse persone fumavano e così il locale si era riempito di fumo, rendendo l’aria irrespirabile.
Per un attimo mi son sentito in un’altra epoca, un po’ per l’atmosfera e un po’ per la poesia che, come mi vien da pensare, è sempre inattuale.
Fiori d’un istante – Poesia in piccoli tratti
Era inverno quando ho conosciuto le poesie di Ko Un, nel gennaio 2006. L’occasione è stata la presentazione della traduzione in italiano di una sua raccolta di poesie sŏn (zen), Fiore d’un istante, ad opera di Vincenza D’Urso per la Cafoscarina. L’incontro mi era stato suggerito da un’amica coreana ed era organizato a Roma, dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO).
Ko Un è uno degli scrittori coreani contemporanei più importanti: nella sua carriera ha scritto più di 140 volumi, le sue opere sono state tradotte in 14 lingue ed è stato finalista per il premio nobel in più occasioni. La sua biografia, oltre alla sua poesia, è poi estremamente interessante. Nasce nel periodo dell’occupazione giapponese della Corea, in cui la lingua coreana era vietata a scuola. Vive il dramma della guerra che dividerà il suo paese, le varie dittature militari fino alla rinascita della Corea democratica. Come è stato detto durante quell’incontro: la Corea è stata distrutta varie volte e varie volte ha saputo rialzarsi. Ko Un vive tali vicende storiche in modo molto personale e molto intenso: dopo il tentativo di suicidio che lo lascerà sordo ad un orecchio, il poeta diventa monaco buddista per poi tornare allo stato laicale, si abbandona dapprima alla depressione che lo porterà ad un nichilismo estremo e alla fine deciderà di combattere per i diritti civili nel suo paese; causa, questa, che lo porterà in prigione diverse volte.
In uno di questi periodi di prigionia, a Ko Un viene permesso di leggere solo il vocabolario e questo lo spinge a concentrarsi ancora di più sulle parole e sul loro significato. Oggi dirige un progetto, con studiosi di entrambe le Coree, per la compilazione di un dizionario pan-coreano che preservi l’unità linguistica tra i due paesi.
Non tutti i poeti riescono a leggere in pubblico le proprie poesie, ma Ko Un riesce a trasmettere una grande passione nella sua lettura, anche a chi non conosce la lingua coreana (ne è un esempio il video sottostante).
La poesia ha un potenza creatrice che travalica ogni cosa.

quel fiore che non avevo visto
salendo.
Come possono esistere solo fiori?
da quella parte
osserva anche l’arido letto del fiume
niente degno di essere visto
quello potrebbe essere il tuo amore.
Andate in Somalia
e guardate il vostro capitalismo
guardate il vostro socialismo
guardate gli occhi di bambini che muoiono di fame.
Un antico poeta disse
il paese è distrutto
ma le montagne e i fiumi resistono
il poeta di oggi dice
le montagne e i fiumi sono distrutti
ma il paese resisterà
il poeta di domani dirà
ahimè
le montagne e i fiumi sono distrutti
il paese è distrutto
tu
ed io siamo finiti
Mentre remavo
ho perso il remo
solo ora mi giro a guardare la grande distesa d’acqua.
Questo mondo…
qui una farfalla che svolazza
lì la dimora di un ragno.
Quella stupenda villa d’un ricco magnate
è disperazione per i mendicanti
e speranza per i ladri
C’è differenza – L’importanza delle parole
Le parole sono importanti e le lingue offrono espressioni che sembrano simili ma che sono profondamente diverse. Queste parole le ho scritte per alcuni amici nel marzo 2013.
C’è differenza
Tra essere ossessivi ed essere coerenti.
Tra chiudere gli occhi e stringere i denti.
Tra prendere per mano e trascinare.
Tra ispirare qualcuno e plagiare.
Tra ridere insieme e insieme deridere.
Tra il chiedere con garbo e l’esigere.
Tra il romantico e il patetico.
Tra il cotone e il tessuto sintetico.
Tra lasciare spazio e annullarsi.
Tra farsi da parte e appartarsi.
Tra lo sfogarsi e il piangersi addosso.
Tra la tempesta e il mare mosso.
Tra dare con la pancia e dare con il cuore.
Tra provare fastidio e sentire dolore.
Tra l’essere soli e l’essere liberi.
Tra le persone e i mammiferi.
Tra illuminare la strada e accecare.
Tra scuotere la coscienza e giudicare.
Tra scrivere a qualcuno e informare.
Tra donare con grazia e prestare.
Tra la rabbia più cieca e la frustrazione.
Tra il tenere in vita e la mortificazione.
Tra il dire qualcosa e il parlare.
Tra lasciare andare e abbandonare.
Tra il talento e la passione.
Tra realismo e disillusione.
Tra intelligente e intellettuale.
Tra comunitario e solidale.
Tra ciò che è facile e ciò che è semplice.
Tra essere informato ed essere complice.
Tra il giorno di festa e la festa del giorno.
Tra chi ti vuole accanto e chi ti vuole intorno.
Tra l’essere sensibile e l’essere emotivo.
Tra l’essere istintivo e l’essere impulsivo.
Tra tracannare birra e sorseggiare vino.
Tra avere una visione e illudersi.
Tra il ritirarsi e il chiudersi.
Tra il nero e il marrone.
Tra un aereo di carta e un aquilone.
Tra insegnare ed essere modello.
Tra quel che piace e ciò che è bello.
Tra una porta socchiusa e una finestra spalancata.
Tra un tenue sorriso e una risata.
Tra l’ammettere e il concedere.
Tra continuare, andare avanti e procedere.
Tra perdonare e giustificare.
Tra abituarsi a stare insieme e continuare ancora ad amare.
Fiabe, racconti e tradizioni insolite
C’era una volta una bambina che, nonostante le fosse stato proibito, cominciò a giocare con fiamme e fiammiferi. Improvvisamente l’abito e i capelli presero fuoco e morì incenerita. Un bambino fu ripetutamente avvisato di non succhiarsi i pollici, ma lui imperterrito continuava. Così un sarto lo insegui e glieli tagliò con delle grosse forbici. Tre ragazzi videro un giovane nero e cominciarono a deriderlo sghignazzando. Nikolaus li vide e li gettò in un calderone pieno di inchiostro rendendoli più neri della notte.
Queste appena narrate sono alcune delle fiabe più celebri nel nord Europa. Tali favole si trovano nella raccolta “Der Struwwelpeter“, in tedesco, e sono scritte come filastrocche. Il testo è stato scritto da Heinrich Hoffmann nel 1845, quando il suo figlio maggiore doveva compiere tre anni. Hoffmann, che di professione era medico e psichiatra, aveva deciso di scrivere il libro per il figlio come regalo di Natale, raccontando delle storie a suo dire divertenti. Il libro è stato poi pubblicato ed è divenuto talmente famoso da entrare nell’immaginario collettivo. In Italia il testo è stato tradotto, con il titolo “Pierino Porcospino“, da Gaetano Negri per i tipi della Hoepli, dove tutt’ora è presente nel catalogo. In inglese è stato, invece, tradotto da Mark Twain.
Le dieci storie presentate con simpatici disegni, sono tutte a scopo educativo, come da tradizione. I protagonisti delle filastrocche sono soprattutto bambini disobbedienti o distratti che, a causa delle loro azioni, ricevono dei castighi a volte terribili. Tali favole, scritte per bambini, sono così conosciute che ancora oggi il librercolo è presente in Germania in varie edizioni, tutte con le stesse illustrazioni. Generalmente in Italia queste favole non sono conosciute e, a leggerle con la sensibilità di oggi, possono sembrare violente e macabre. Superato il primo impatto, però, tali filastrocche possono rivelarsi, proprio per il tipo di racconti, decisamente avvincenti anche per quei bambini meno sensibili alla lettura.
Apprendimento e memoria: come migliorare?
Apprendimento
L’apprendimento è stato facilitato dall’emergere degli affetti: questi, infatti, hanno fornito dei valori per orientare il comportamento, dal momento che le esperienze sensoriali più importanti sono sentite come affettivamente piacevoli o spiacevoli. In seguito gli affetti hanno dato origine ad associazioni con eventi, organismi e oggetti sviluppando le potenzialità dell’apprendimento stesso. Quindi l’apprendimento non è una semplice associazione di idee e le emozioni giocano un ruolo fondamentale. La volontà nell’apprendimento è importante, ma solamente nella misura in cui orienta l’attenzione e cerca la strategia migliore per raggiungere un apprendimento consolidato. Molto spesso, però, l’apprendimento avviene senza che la nostra volontà giochi un ruolo, quindi l’apprendimento non è un processo esclusivamente intenzionale.
Memoria
Come diceva infatti Dante: Non fa scienza, / sanza lo ritenere, avere inteso (Divina commedia, canto V). Non è una vera conoscenza se non siamo in grado di ricordare dopo avere capito di che si tratta. Cruciale nell’apprendimento è, pertanto, il ruolo della memoria.
Quando si parla di memoria è centrale il concetto di «consolidamento», che è il nome che viene dato ai complessi processi cerebrali che «trasformano le esperienze fugaci in ricordi a breve termine, prima, e in ricordi a lungo termine, poi» (J. Panksepp, L. Biven, 2012, p. 226). Ancora una volta le emozioni giocano un ruolo importante anche in questo processo: i ricordi più solidi sono, infatti, quelli connotati emotivamente.
La memoria, va sottolineato, non è una funzione unitaria e ne esistono diverse tipologie. Una distinzione importante è tra memoria procedurale, o implicita, e la memoria esplicita. La prima è quella legata, soprattuto, alle conoscenze pratiche, come il saper nuotare o l’andare in bici; la seconda, invece, comprende la memoria dichiarativa, appresa attraverso lo studio o l’esperienza, la memoria autobiografica, legata ai ricordi importanti per noi, e la memoria fattuale, formata dai ricordi episodici.
La memoria non corrisponde ad una variazione sinaptica: il ricordo non corrisponde ad un particolare neurone o ad un collegamento tra determinati neuroni. La memoria deve essere vista come una funzione di sistema dovuta all’interazione di reti multidimensionali che coinvolgono gruppi di neuroni. I ricordi, pertanto, sono «necessariamente associativi e non sono mai identici» (G. Edelman, 2004, p. 45). Tale sistema dinamico è influenzato, quindi, dai vari sistemi sensoriali, dai sistemi emotivi e dalle altre funzioni superiori.
Come migliorare l’apprendimento?
Per migliorare l’apprendimento è necessario tenere in conto, innanzitutto, dell’aspetto emotivo. Si parla spesso di filtro affettivo, cioè quella barriera emotiva che impedisce al cervello di operare al pieno delle sue funzioni. Sappiamo oggi, da studi scientifici, che un coinvolgimento emotivo migliora l’apprendimento e lo rende stabile nel tempo. Quindi è importante appassionare, incuriosire, entusiasmare gli studenti se vogliamo che imparino meglio e in modo duraturo.
Gli studi sulla memoria suggeriscono, inoltre, un approccio allo studio multidimensionale, utilizzando vari canali e sensi per veicolare le informazioni (immagini, letture, audio ecc…).
In questa concezione, la comprensione dell’argomento e il collegamento con le altre conoscenze sono di grande sostegno all’apprendimento, dal momento che moltiplicano gli accessi alla conoscenza.
Il coinvolgimento emotivo, la multidimensionalità e la guida nella comprensione sono tre pilastri fondamentali per un apprendimento efficace: laddove uno di tali aspetti dell’insegnamento venisse depotenziato (ad esempio a causa di difficoltà cognitive che riducono la capacità di comprensione o nei casi in cui la multidimensionalità sia ridotta) è necessario concentrare gli sforzi nel potenziare maggiormente gli altri due pilastri, e soprattutto curare l’aspetto emotivo. Perché, come scrisse Plutarco, «la mente non è un vaso da riempire ma un legno da far ardere».
Bibliografia:
- Edelman G. M., 2004, Wider than the sky. The phenomenal gift of consciousness, New Haven, Yale University Press (tr. it. Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, Torino, Einaudi, 2004).
- Panksepp J., Biven L., 2012, The Archeology of Mind. Neuroevolutionary Origins Of Human Emotions, New York, W.W. Norton & Company (tr. it. Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni umane, Milano, Cortina, 2014).
La maratona e il sentimento di appartenenza
In tedesco si chiama Zusammengehoerigkeitsgefühl ed è il sentimento di appartenenza ad un gruppo. Ho sentito per la prima volta questo termine quando, insieme ad un amico, mi son ritrovato ad organizzare una maratona a Berlino. Il progetto non era nato proprio come maratona. Si sa che le città cambiano a seconda dei mezzi con cui ci si muove: esistono delle città in metropolitana, delle città a piedi, delle città in taxi e delle città in auto. A entrambi piacciono molto la città a piedi e un paio di volte abbiamo camminato anche per 4-5 ore di fila, con qualche pausa caffè. Così ci siam proposti di organizzare qualcosa con più persone, anche sconosciuti. La mia idea era quella di una lunga passeggiata nelle strade di Berlino, esplorando nuovi quartieri, scoprendo caffè particolari e facendo nuove amicizie. Lui, tedesco e sportivo, ha proposto di utilizzare il percorso della maratona di Berlino, lungo 42 chilometri, perché oltre ad essere pronto e definito aveva anche il pregio di includere gran parte dei quartieri della città. Sarebbe stata una maratona a passeggio e io, che non ho mai corso una maratona, ho pensato che fosse un’idea interessante.
L’attività è stata rilanciata su alcuni social network e ha avuto subito molto successo, raccogliendo rapidamente circa 20 partecipanti. Il percorso partiva e si concludeva ad AlexanderPlatz e la partenza era prevista alle 9. Rispetto ai tedeschi partecipanti ero vestito meno sportivamente ma avevo più scorte di cibo e di acqua. Il risultato è stato sentire di più i dolori fisici ma non i crampi della fame. Condividere il cibo è stato anche un modo per iniziare a parlare con gli altri partecipanti: ho così stretto amicizia con una ragazza francese che lavorava come insegnante, con una ragazza giapponese che viveva in Germania da quando era bambina e con un ragazzo di Amburgo che lavorava nell’e-commerce. La maratona è durata poco più di 11 ore, comprese le pause per il bagno, ma il gruppo si è ristretto nel frattempo a 12-13 partecipanti. Nessun morto, solo qualche ferito.
Io non ho terminato la maratona. O meglio: non ho terminato la prima maratona. Infatti ce ne sono state altre e continuano ad essercene. Nella prima mi son rititato a ¾ del percorso, per un problema al tendine del piede destro, nella seconda ho interrotto a metà perché avevo un impegno, mentre nella terza sono riuscito ad arrivare fino alla fine ma quasi perdendo l’uso degli arti inferiori.
Molti mi hanno chiesto perché l’ho fatto. Ho risposto che una vita straordinaria è fatta di eventi fuori dall’ordinario, ma non ci ha creduto nessuno. La verità è che non lo so. Forse è vero quel che ha detto un amico di Monaco: a Berlino avete troppo tempo libero.
Citazioni a cui ho pensato mentre scrivevo:
- Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe. (Proverbio sioux)
- Anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo. (Lao Tzu)
Senza coscienza e senza amore
Stout M., 2005, The sociopath next door, New York, Brodway Books.
Sono individui apparentemente come tutti gli altri: uomini e donne di successo, mariti, mogli, genitori. Eppure non provano alcuna remora per le proprie azioni, non sentono alcun imperativo morale e non sono in grado di amare: sono senza coscienza, sono sociopatici.
L’individuo sociopatico riconosce la propria diversità ma non vive come dramma questo stato anaffettivo. Allo stesso tempo, però, sperimenta una profonda noia che cerca di esorcizzare mediante frequenti stimolazioni, anche con l’uso di sostanze, e attraverso l’esercizio della dominanza sociale, con comportamenti predatori che mettono in atto soprattutto verso i soggetti più brillanti. I sociopatici tendono a manipolare e controllare, fingendo sentimenti e giocando con quelli degli altri e vivono il rapporto con gli altri considerando soprattutto i vantaggi che tali rapporti permettono. Nonostante tale forza, tali individui tendono a voler essere compatiti e mostrarsi come vittime.
Generalmente tali persone vivono nomalmente in società: la Stout afferma che ben il 4% della popolazione degli Stati Uniti sarebbe sociopatico, ma solo il 20% dei detenuti in carcere lo è. Eppure l’assenza di senso morale e di rimorso, la tendenza a manipolare e l’istinto alla dominazione sociale rendono i sociopatici dei soggetti pericolosi, sia per gli individui che per la tenuta della società stessa. A questa duplice questione, a livello individuale e a livello comunitario, la Stout dà una duplice risposta.
La risposta individuale
Dal punto di vista psicologico, Martha Stout propone delle regole per gestire i rapporti con un sociopatico:
- per prima cosa «accettare che alcuni individui letteralmente non hanno coscienza»;
- in un conflitto tra ciò che sulle persone ci dice l’istinto e ciò che ci dice il ruolo che ricoprono è meglio «seguire gli istinti»;
- in ogni nuovo rapporto «praticare la regola dei tre»: tre bugie, o tre promesse infrante o tre responsabilità negate sono una dimostrazione dell’assenza di coscienza;
- le persone con la coscienza tendono, in netta maggioranza, a seguire ciecamente l’autorità. Importante, quindi, è che le restanti persone con la coscienza mettano in discussione ogni autorità;
- «sospettare dell’adulazione»;
- «se necessario, ridefinite il vostro concetto di rispetto». Questo non va confuso con la paura e chi sfrutta questo sentimento non sta esercitando una forma di rispetto;
- non giocare mai al gioco dei sociopatici e non competere con loro:
- «il modo migliore per proteggere te stesso da un sociopatico è evitarlo» e «rifiutare ogni forma di contatto o comunicazione»;
- «mettete in discussione la vostra tendenza a compatire troppo facilmente»;
- «non provare a redimere l’irridemibile»;
- non aiutare «un sociopatico a nascondere il suo vero carattere»;
- difendete la vostra psiche;
- vivere bene è la migliore vendetta. (M. Stout, 2000, pp. 156-161).
La risposta culturale
La sociopatia è legata per il 50% al patrimonio genetico e per il restante 50% a fattori educativi, sociali e culturali, dove quelli culturali sono quelli più rilevanti. Dal punto di vista sociale, Martha Stout sottolinea come una cultura individualistica, come quella occidentale, possa premiare socialmente i sociopatici, permettendo una loro pericolosa scalata sociale. Infatti individui sociopatici sono sicuramente presenti anche nelle culture orientali, ma lì la dimensione sociale e l’importanza del gruppo costituiscono una forte spinta alla collaborazione.
Volendo trovare una prospettiva positiva in questo testo, possiamo sicuramente considerare l’importanza di orientare la costra educazione verso una maggiore responsabilità sociale e cura degli altri. Quella de Frans De Waal chiama una nuova età: l’età dell’empatia (F. De Waal, 2009).
Dove comprare i libri cartacei online
Le piccole librerie possono essere dei piccoli gioielli in grado di stupirci, accoglierci e, magari con un libraio affabile, guidarci nei nostri acquisti. Quando però abbiamo meno tempo, meno voglia di uscire o semplicemente vogliamo spendere meno, abbiamo sempre la possibilità di acquistare i libri online.
Nel vasto mondo di internet, alcune librerie online offrono un ottimo servizio e prezzi migliori. Queste sono le mie scelte:
è uno dei principali siti internet dove comprare libri e ebook online. Molti libri sono scontati del 15% (sconto massimo che si può applicare ordinariamente in Italia) e nella sezione reminder se ne trovano molti scontati del 50% e, in alcuni periodi, addirittura del 60-70%. Nel sito ci sono anche ebook e giochi da tavolo, anche se l’assortimento di questi ultimi non è così vasto. Gli ebook sono in formato ePub e PDF e possono essere letti con l’e-reader Tolino. Per ordini superiori ai 29 euro le spese di spedizione sono gratuite. Gli ordini sono in genere puntuali e l’assistenza è cortese. Il sito offre inoltre la possibilità di accumulare dei punti che danno diritto ad ulteriori vantaggi, come la spedizione gratuita di singoli libri o il 15% su tutti gli articoli.
è il grande sito di vendite online statunitense, sbarcato in Italia nel 2011. Il sito offre una vasta scelta di libri, molti dei quali scontati al 15%, e molti ebook, anche in varie lingue. Gli ebook di amazon sono in formato .mobi e possono essere letti solo dai kindle amazon. Su Amazon, come sappiamo, è possibile comprare di tutto e a volte con forti riduzioni. Le spese di spedizione per ordini superiori ai 29 euro sono gratuite. In alcuni casi, però, se il venditore è esterno al sito le spese di spedizione possono non essere incluse e variare da prodotto a prodotto.
è un sito che coordina molte piccole librerie che mettono a disposizione un vasto catalogo di libri introvabili, rari o antichi, alcuni scontati anche del 30-50%. Per gran parte dei libri e librerie c’è la possibilità di un contatto diretto per richiedere ulteriori informazioni. Gli ordini superiori a 50 euro non prevedono spese di spedizione.
è il sito internet della casa editrice e catena di librerie Feltrinelli. Sul sito è possibile acquistare libri ed ebook, anche di altre case editrici e con riduzioni maggiori rispetto al negozio fisico. Il sito offre inoltre la possibilità di conoscere la disponilità o meno dei vari libri nei negozi Feltrinelli più vicini e, qualora fossimo interessati, di riservare i libri da ritirare successivamente in negozio. Va specificato che la riserva del libro vale per le 24 ore successive quindi, se è rimasta solo una copia di quel libro, non è garantito che sia messo da parte. Il sito offre, inoltre, libri ebook in formato ePub e PDF e possono essere letti con l’e-reader Kobo.
Le spese di spedizione sono gratuite per ordini superiori ai 29 euro. Il sito offre inoltre la possibilità di accumulare punti che danno diritto a ulteriori sconti.
è un ottimo sito per libri usati anche (o soprattutto) scolastici. Non tutti i libri sono in ottime condizioni, ma in ogni caso c’è sempre la possibilità di restituirli gratuitamente. Oltre agli usati, il sito offre molti testi scontati al 15% e una sezione di remainder al 55%. Sono presenti anche ebook, in formato ePub e PDF da leggere con il lettore Tolino.
Le spedizioni di acquisti superiori ai 29 euro sono gratuite.