La nascita dell’inquisizione spagnola e la caccia agli ebrei
L’inquisizione nasce nel 1478 su richiesta di Isabella di Castiglia la quale, con il marito Ferdinando II di Aragona, vede negli ebrei una possibile minaccia all’ordine. La convivenza con gli ebrei è stata, nei secoli precedenti, generalmente pacifica, salvo episodi sporadici. Tuttavia, le crisi economiche e sociali che dal ‘300 colpiscono la penisola iberica, portano a un cambiamento nell’atteggiamento. 100.000 ebrei, dei 200.000 presenti nella penisola, vengono costretti a convertirsi. Nella seconda metà del XV secolo, però, gli ebrei convertiti (“conversos”) vengono sempre più emarginati.
Nel 1449 lo statuto di Toledo pone il requisito della purezza del sangue (“limpieza de sangre”) per l’accesso ad alcune cariche.
Su richiesta di Isabella di Castiglia, preoccupata per i falsi conversos, il papa Sisto IV approva la creazione del tribunale che avrebbe giudicato le accuse di eresia. L’eresia, tuttavia, era e resta un concetto molto sfumato e difficile da definire.
Il 31 marzo 1492 viene dato un ultimatum di 4 mesi agli ebrei per convertirsi o lasciare la Spagna. In seguito a tale provvedimento, 40.000/50.000 ebrei lasceranno il paese rifugiandosi in Portogallo, in Francia, in Olanda e in altri paesi. L’inquisizione, però, arriverà anche in Portogallo nel 1547.
I primi quarant’anni di attività sono quelli di massima repressione, generando un’atmosfera di paura. Metà dei processi arriverà in giudizio in tribunale, 2.000 saranno i morti e 15.000 i “riconciliati”. Gran parte delle vittime sono ebrei.
Molti ebrei e convertiti hanno provato a pagare la propria tranquillità utilizzando le disponibilità economiche che avevano, con i prestiti e le donazioni (volontarie o forzate) alla corona. Tuttavia, tali periodi non hanno mai rappresentato una stabilità definitiva.
L’ultima campagna contro i discendenti degli ebrei in terra iberica è avvenuta tra il 1701-1745.