L’inquisizione spagnola

L’inquisizione e i moriscos

Con l’avvicinamento delle due corone iberiche, la castigliana e l’aragonese, il cattolicesimo diventa il simbolo dell’identità spagnola. I mori, ovvero i musulmani di origine araba, più che venire considerati eretici erano considerati non credenti.
Prima della conquista di Granada, avvenuta nel 1492, i mori godevano di condizioni favorevoli. Dal 1499 cominciano delle missioni cristianizzanti che sono affidate a Francisco Jiménez de Cisneros, il quale adotta delle misure fortemente repressive.
Da alcuni provvedimenti del 1502 si vede come i mori vengano ormai visti come una minaccia alla stabilità religiosa. L’inquisizione comincia, allora, a occuparsi di eliminare le tracce della civiltà mora, non solamente nei suoi aspetti religiosi. Nel 1506 a Granada il 92% dei casi trattati dall’inquisizione riguarda i moriscos (musulmani convertiti). La lingua araba viene messa al bando, così come gli abiti in seta. Ciò porta a una rivolta dei moriscos e la conseguente dispersione, nonostante siano difesi dai nobili che vogliono la loro forza lavoro.

Moriscos

Nel 1597 il papa Clemente VII pubblica un editto di grazia in cui invita i mori a una piena conversione. Tuttavia, nel 1609, dopo la scoperta di un presunto piano di rivolta dei mori, il Consiglio di Stato decide la loro espulsione, approvata dal re Filippo III: 300.000 moriscos abbandonano la Spagna (Valencia perde quasi un quarto della popolazione).

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