La quarta di copertina recita: “Che cosa lasciamo, quando lasciamo qualcuno? Una casa, una famiglia, il passato, un’idea di futuro, la nostra peggiore fotografia impressa a fuoco negli occhi di chi abbiamo amato. Passiamo la vita a spaccare vasi e incollare cocci illudendoci di essere nuovi di zecca”.
“Lacci” di Domenico Starnone, pubblicato nel 2014, racconta tutto questo. Che cosa sono i lacci? Legano, tengono insieme o sono di inciampo? I lacci come metafora dei legami familiari: “Nella case c’è un ordine apparente e un disordine reale”. I lacci come corde che ci ancorano al passato: “Rimpiangere il passato è stupido, come è stupido correre dietro a sempre nuovi inizi”. I lacci come verità che ci costringono a stare con i piedi per terra: “Continuerai così per sempre, non sarai mai quello che vuoi ma quello che capita”. Il libro è bello e coinvolgente e dimostra come Starnone sia uno degli autori italiani più bravi degli ultimi anni.
Incipit:
Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie. Lo so che questo una volta ti piaceva e adesso, all’improvviso, ti dà fastidio. Lo so che fai finta che non esisto e che non sono mai esistita perché non vuoi fare brutta figura con la gente molto colta che frequenti. Lo so che avere una vita ordinata, doverti ritirare a casa a ora di cena, dormire con me e non con chi ti pare, ti fa sentire cretino.