Emmanuel Lévinas

Totalità e infinito

Totalità e infinito è un’opera del 1961. In quest’opera Levinas muove una critica alla filosofia occidentale, che lui chiama “ontologia”. Il filosofo sostiene che la filosofia occidentale sia un “imperialismo del Medesimo” che soffoca ogni forma di alterità, riducendo tutto a una Totalità.

All’inizio il soggetto si trova in una situazione di “il y a” (esserci), in modo anonimo e immobile. Cosa rende il soggetto immobile? La sua identità, che è tutta interiorità.

Questo tipo di concezione porta inevitabilmente alla guerra e alla violenza. Nella guerra, nulla è più esteriore, non c’è più spazio per il tu, non si possono prendere le distanze.

L’incontro con l’Altro

Per Levinas bisogna prendere le distanze da questa filosofia non in modo teorico e conoscitivo, ma etico e pratico, attraverso l’incontro con l’Altro che è rappresentato dal prossimo. L’Altro, essendo irriducibilmente altro da me, mi porta oltre i confini della mia soggettività: non possiamo ricondurre l’Altro alle categorie del medesimo, non lo possiamo conoscere, posso solo farne esperienza. La meraviglia non è che l’essere è, ma che c’è altro dall’essere (esempi di alterità: morte, eros ecc… Nella morte si annuncia una alterità che non si può soddisfare). La realtà dell’altro non è dialogica (io-tu) ma è asimmetrica. L’Altro non si costituisce per sintesi ma per separazione.
L’Altro non è un dato che deve essere afferrato ma una realtà trascendente che si autoimpone.

Questa trascendenza, questo andare al di là della totalità, richiama l’infinito. Quindi l’infinito corrisponde all’Altro. L’infinito non è la negazione del finito e della totalità ma è il suo opposto.

Il volto

L’Altro si presenta come volto, che si impone di per sé. Il volto ha una valenza etica e richiama la manifestazione biblica del povero, dell’orfano, della vedova e dello straniero. L’Altro mi mette in scacco e sfida il nostro desiderio di annientarlo. Il volto porta con sé un comandamento: “tu non mi ucciderai”.

Il volto dell’Altro mi coinvolge, mi mette in discussione. Il soggetto riceve un appello a cui risponde “eccomi”. Per questo la soggettività è di natura profetica, perché risponde a una chiamata. La soggettività è così una passività assoluta. È l’Altro che mi elegge nella mia unicità.

“Quando mi riferisco al volto, non intendo solo il colore degli occhi, la forma del naso, il rossore delle labbra. Fermandomi qui io contemplo ancora soltanto dei dati; ma anche una sedia è fatta di dati. La vera natura del volto, il suo segreto sta altrove: nella domanda che mi rivolge, domanda che è al contempo una richiesta di aiuto e una minaccia”

La responsabilità

L’appello dell’Altro mi rende responsabile nei suoi confronti. Nei confronti dell’Altro io sono sempre in debito. La relazione tra me e l’altro è una differenza che non è indifferenza. La mia responsabilità nei suoi confronti implica che io sia anche responsabile della sua responsabilità verso gli altri. Il terzo introduce il concetto di uguaglianza (Altro = Altro).

Ciò significa che amore e carità (fondamentali nel cristianesimo) devono accompagnarsi alla giustizia (fondamentale nell’ebraismo), quindi sono importanti lo Stato, le istituzioni e le leggi. Un pensiero dell’alterità non può che portare all’accoglienza e quindi alla pace.

Il corpo

Il corpo non è una mia costruzione. Il mio corpo è situato nella dimensione del “vivere di…”, quindi del godimento. Il corpo vive di questa contestazione del privilegio, attribuito alla coscienza, di dare senso a ogni cosa. Il corpo mira al nutrimento. Il corpo può costituire una forma di alterità. Il corpo dipende dai miei bisogni fisici.

Con il mio corpo io sono esposto all’Altro, questa è un’esposizione sensibile. Il corpo mi rende vulnerabile. Con il corpo io faccio esperienza della mia relazione con l’Altro.

Bisogno e desiderio

Elemento costitutivo della relazione con l’Altro è il discorso sul bisogno e sul desiderio.

  • Bisogno: il bisogno è l’ansia per se stessi, in cui si cerca di colmare una mancanza (appetito).
  • Desiderio: il desiderio è il bisogno di chi non ha più bisogni. Solo un essere appagato può desiderare.

Nel bisogno io tengo conto solo di me, nel desiderio si considera l’alterità.

Nell’eros si rischia di ricadere nel bisogno. L’eros non è il ricongiungimento di due metà (aspirazione dell’uno) ma esperimento dell’alterità. L’amore deve portare alla deposizione dell’ego.

Linguaggio

Il linguaggio nasce con l’Altro, perché l’Altro mi parla. Il linguaggio è il segno che l’Altro lascia. Il linguaggio nasce con la risposta, non con la domanda. L’Altro non parla per informarmi ma mi appella e noi rispondiamo “eccomi”.

Il linguaggio implica la relazione, per questo è etico.

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