Affetti emotivi, omeostatici e sensoriali
Gli affetti emotivi non vanno confusi con gli affetti omeostatici, cioè le sensazioni esperite per uno squilibrio omeostatico (sete, fame, ecc.), e neppure con gli affetti sensoriali, cioè le sensazioni provate dall’esterno (dolce, amaro, disgusto, ecc.). Dice infatti Panksepp: «perché non considerare la fame, la sete, il dolore e la stanchezza come emotivi? Sono sicuramente sentimenti affettivi forti, ma non soddisfano tutti i criteri neurali del sistema emotivo» (J. Panksepp, 1998, p. 47).
I dati, inoltre, non confermano l’ipotesi che le azioni emotive necessitino di un feedback dal corpo verso il cervello: mostrano che gli input del corpo possono intensificare o indebolire i sentimenti ma che non sono decisivi per l’esperienza affettiva. A tal riguardo, Panksepp, cita come esempio i tetraplegici: «la nozione che le emozioni siano semplicemente il risultato del nostro più alto giudizio cognitivo di certe forme di eccitamento corporeo è stata largamente negata dall’osservazione di risposte emotive essenzialmente normali in persone che hanno sofferto pesanti lesioni al midollo spinale»; questi, infatti, pur avendo una percezione pressoché nulla del proprio corpo, mantengono integri i loro sentimenti affettivi (Ivi, p. 32). Gli affetti emotivi, omeostatici e sensoriali originano, inoltre, da diversi circuiti cerebrali: le forme affettive sono elaborate nelle regioni più mediali e caudali, invece le funzioni sensoriali-percettive sono situate più lateralmente. Questo suggerisce anche che le forme affettive abbiano un’origine più antica e ciò troverebbe conferma anche nella «tempistica dello sviluppo fetale dei sistemi cerebrali che sembrano andare in parallelo con il modello storico della loro origine filogenetica» (J. Panksepp, J. B. Panksepp, 2000, p. 116).
I sistemi emotivi possono generare reazioni motorie istintive che possono essere innescate interamente all’interno del cervello e quindi non hanno bisogno della mediazione dei nostri sensi, benché vari stimoli sensoriali possono accedere incondizionatamente ai sistemi emotivi. Esistono delle esperienze percettivo-fenomeniche sotto la neocorteccia, che veicolano soprattutto informazioni di tipo visivo-uditivo-tattile; queste strutture non generano nitide esperienze coscienti ma forniscono un senso delle cose, tali da generare un comportamento emotivo di risposta. I sentimenti emotivi possono, d’altro canto, modulare gli input sensoriali, cambiare la sensibilità dei sistemi sensori per tutta la durata dell’emozione e presentare componenti di feedback positivi in grado di far durare più a lungo l’attività neurale anche dopo che gli eventi siano passati. I sistemi emotivi, però, possono anche essere modulati dagli input cognitivi e possono, a loro volta, modificare e incanalare le attività cognitive, infatti la neocorteccia e le regioni cerebrali superiori possono integrare le emozioni ed esercitare un controllo inibitorio.
Bibliografia:
- Panksepp J., 1998, Affective Neuroscience: The Foundations of Human and Animal Emotions, Oxford University Press.
- Panksepp J., Panksepp J. B., 2000, The seven sins of evolutionary psychology, in «Evolution & Cognition», 6, pp. 108-131.
- Panksepp J., Biven L., 2012, The Archeology of Mind. Neuroevolutionary Origins Of Human Emotions, New York, W.W. Norton & Company (tr. it. Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni umane, Milano, Cortina, 2014).
Grazie!