I sistemi emotivi: la CURA
Il sistema della cura (nurturance, come capacità di prendersi cura, emotivamente e fisicamente, di qualcuno) è un sistema che genera legami sociali non sessuali e si riassume nella devozione materna. Tale devozione, indicata come materna, non implica, però, che l’accudimento materno sia universale nel regno animale né che i padri non siano in grado di accudire la prole quanto le madri e ciò è confermato da numerosi studi. A tal riguardo, Panksepp sottolinea che spesso gli studi scientifici hanno tenuto a distanza la ricerca di processo primario del cervello sociale e che solo recentemente la produzione si è fatta più prolifica.
La ricerca in laboratorio dice che, quando un cucciolo piange, nei suoi genitori si accendono aree legate all’ansia da separazione (sistema della sofferenza) e che questi spesso fanno esperienza diretta del malessere dei loro figli. Ciò è importante perché mostra un primo livello di empatia, primordiale, tra due individui e come tale sistema sia attivato da un altro sistema importante per la socialità quale quello della sofferenza.
L’ipotesi di Panksepp è che il sistema della cura si sia evoluto da quello del desiderio sessuale. A riprova di questa ipotesi, ci sarebbe il fatto che i controlli neurochimici della sessualità sono anche al centro dei comportamenti di cura: la vasotocina e altri neuropeptidi potrebbero essersi evoluti nell’ossitocina, che promuove il desiderio sessuale femminile e la cura materna. Panksepp fa notare come lo stesso Freud avesse ricondotto la cura materna al desiderio sessuale, attraverso un processo di sublimazione. La critica che presenta Panksepp, però, è che non solo Freud non aveva preso in considerazione la prospettiva evolutiva, ma sostanzialmente tendeva a vedere i due sistemi ancora in modo indistinto. Nonostante la possibile origine evolutiva comune, infatti, i due sistemi non vanno confusi perché svolgono, appunto, funzioni differenti.
Il legame madre-figlio è un legame molto particolare; infatti in natura tale rapporto ha permesso che i cuccioli abbiano più possibilità di sopravvivere. Come sottolinea Panksepp, esistono finestre di legame (bonding) che rappresentano l’intervallo di tempo ottimale durante il quale madre e figli possono legarsi l’una agli altri e che variano da specie a specie. I tempi sono, in genere, sintonizzati sui livelli di mobilità dei figli alla nascita. Negli esseri umani i piccoli nascono molto immaturi e dipendono enormemente dalla cura genitoriale e la finestra per il legame, infatti, è particolarmente ampia. Per questo è possibile anche che suddetto legame si crei con persone in grado di prendersene cura (caregiver) senza essere i genitori biologici. In base a questi dati Panksepp ipotizza che nei primordi la crescita dei figli fosse più propriamente un’attività di gruppo, così come ancora avviene in alcune culture tribali dove, tra l’altro, i bambini diventano indipendenti molto presto. Va notato che le madri sembrano legarsi ai figli a livello emotivo molto più rapidamente dei figli, i quali hanno una finestra più ampia: negli esseri umani il legame non è pienamente formato fino a circa il primo anno di età. Alcuni ricercatori hanno scoperto che la finestra di legame può essere riaperta, in alcune specie, attraverso stimolazioni in cui, ad esempio, l’odore del cucciolo diventa attraente per la madre dopo che l’allontanamento glielo aveva reso estraneo. Tale è la scoperta dei ricercatori E.B. Keverene e K.M. Kendrick, citata da Panksepp (J. Panksepp, L. Biven, 2012, p. 331), i quali sono riusciti a riaprire la finestra di legame in alcuni ovini attraverso una stimolazione vagino-cervicale. Gli esseri umani, comunque, sembra che leghino maggiormente attraverso la vista, l’udito e il tatto. Quest’ultimo risulta particolarmente importante nella stimolazione della produzione di oppioidi, mentre l’udito è coinvolto nell’apprendimento del linguaggio e forse anche nell’amore per la musica. Il sistema uditivo è ricco di oppioidi e sembra, inoltre, che la musica rassicurante favorisca il rilascio di ossitocina nel cervello.
Va ricordato che l’impulso materno è potente ma non assoluto e sono molti i casi, sia a livello animale che negli esseri umani, in cui questo legame appare più debole o inesistente. Panksepp ricorda che, ad esempio, i ratti quando hanno carenza di cibo possono arrivare a mangiare i loro cuccioli mentre altre specie trascurano i cuccioli più deboli. Casi in questa direzione sono presenti in alcune culture umane dove l’abbandono di bambine o bambini era, e in alcuni casi è, conseguenza della valutazione della debolezza di tali soggetti. Benché ci siano molte ragioni per credere che molte sostanze chimiche abbiano un ruolo centrale anche nel sistema della cura degli esseri umani, è impossibile stabilire quanto un comportamento di accudimento sia stimolato da questo sistema e quanto da decisioni cognitive coscienti. La maternità e la cura materna generano cambiamenti sia nella madre che nei figli e una volta che questo legame si è creato, diventa fondamentale. Con la maternità, difatti, molti animali mostrano comportamenti più intraprendenti e delle prestazioni mnemoniche migliori, mentre i cuccioli che hanno ricevuto abbondanti cure materne crescono meno ansiosi, più resistenti allo stress e maggiormente capaci di apprendere ulteriori comportamenti adattativi. Diversi studi condotti da M.J. Meaney, e citati da Panksepp (J. Panksepp, L. Biven, 2012, p. 334), dimostrano che a livello cerebrale i cuccioli accuditi vedono una diminuzione degli ormoni dello stress, un maggior numero di siti di ricettori GABA, che promuovono la riduzione dell’ansia, e più ricettori di glutammato e norepinefrina, che migliorano l’apprendimento.
Il sistema della cura, presumibilmente evolutosi dal sistema del desiderio sessuale, è il sistema che crea i primi legami di tipo non-sessuale e che assolve la funzione di preservare la specie attraverso la cura della prole. Come afferma Panksepp, tale sistema permette al caregiver di esperire un sentimento fortemente sociale quale l’empatia. È presumibile, poi, che a partire da questo si siano sviluppati sentimenti più elaborati e complessi come l’altruismo e la solidarietà, fino al sacrificio di sé. Queste ultime caratteristiche, viste spesso come esclusivamente umane, sono state studiate e osservate spesso anche in altri animali (F. de Waal, 2009).
Se dal punto di vista chimico si può considerare l’ossitocina come una delle sostanze principali, dal punto di vista anatomico va notato che gli estrogeni amministrano la produzione di ossitocina attraverso i campi cellulari dell’ipotalamo anteriore, insieme al nucleo paraventricolare (PVN) e l’area preottica dorsale (dPOA). Lesioni a queste aree possono ridurre o cancellare i comportamenti materni. La circuiteria del sistema della cura si estende in molte regioni sottocorticali del cervello, tra cui l’ipotalamo ventromediale (VMH) e il nucleo del letto della stria terminale (BNST). Quest’ultimo sembra essere determinante nell’ansia da separazione esperita con i piccoli. Un ramo del sistema della cura si estende, infatti, attraverso l’ipotalamo fino al cuore del sistema della ricerca. Tale diramazione sembra indicare che l’attivazione del sistema della cura richiede il sistema della ricerca per orientare l’azione. Molti studi hanno, inoltre, dimostrato che nel cervello maschile sono presenti molti circuiti della cura e che comportamenti di accudimento possono essere indotti con una costante esposizione ai cuccioli nei giovani ratti. Tale processo prende il nome di «sensibilizzazione».
Il sistema della cura genera affetti positivi e questi sono determinati, a livello neurochimico, oltre che dall’ossitocina, dagli oppioidi endogeni: entrambe le sostanze inibiscono l’aggressività e l’irritabilità procurando piacere. L’ossitocina, infatti, diminuisce la tolleranza agli oppiacei che, in tal modo, anche in piccole dosi esercitano un effetto di piacere.
Il sistema della cura aiuta il cervello ad apprendere molte competenze di cura materna, le quali, però, diventano integrate come abitudini, smettendo di dipendere dall’ossitocina. Quest’ultima giocherebbe un ruolo, in seguito, soprattutto nella sensazione di piacere accompagnata ai doveri materni. L’ossitocina e la vasopressina, inoltre, contribuiscono alla creazione dei legami sociali anche partecipando alla creazione dei ricordi. L’ossitocina in particolare, infatti, è anche legata all’utilizzo della norepinefrina (NE) che aiuterebbe a creare i ricordi sociali con l’ausilio dell’olfatto. Questo sarebbe, ad esempio, il processo attraverso il quale i neonati svilupperebbero un’attrazione per il seno della madre.
Bibliografia:
- De Waal F., 2009, The Age of Empathy. Nature’s Lessons for a Kinder Society, New York, Broadway Books (tr. it. L’età dell’empatia. Lezioni dalla natura per una società più solidale, Milano, Garzanti, 2011).
- Panksepp J., 1998, Affective Neuroscience: The Foundations of Human and Animal Emotions, Oxford University Press.
- Panksepp J., Biven L., 2012, The Archeology of Mind. Neuroevolutionary Origins Of Human Emotions, New York, W.W. Norton & Company (tr. it. Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni umane, Milano, Cortina, 2014).
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