Joseph LeDoux e il cervello emotivo
Joseph LeDoux concepisce le emozioni come funzioni biologiche del sistema nervoso e per lui il termine «“emozione” è soltanto un’etichetta di comodo per parlare di certi aspetti del cervello e della sua mente» (J. LeDoux, 1996, p. 18). Come per Panksepp, anche per LeDoux le varie emozioni sono mediate da sistemi neurali distinti, evolutisi per motivi diversi e i sistemi cerebrali che generano dei comportamenti emotivi si sono conservati attraverso molte tappe della storia evolutiva. Non esistendo un sistema unico per l’emozione, LeDoux decide di concentrarsi sul sistema della paura.
In seguito a numerosi studi di laboratorio, LeDoux riconosce che l’amigdala gioca un ruolo primario in questo sistema, infatti arriva a sostenere che «reazioni emotive innate si producono quando l’amigdala viene “accesa” (da inneschi innati o appresi) perché la risposta è cablata nell’amigdala» (Ivi, p. 272). In seguito LeDoux arriva a sostenere un ruolo centrale dell’amigdala in tutte le emozioni.
Quindi, le emozioni non possono venire generate in modo volontario, ma, una volta che sono state provate, diventano il movente di comportamenti futuri. Benché LeDoux affermi che «l’organizzazione neurale di particolari sistemi di comportamento emotivo è abbastanza simile da una specie all’altra», solo «quando questi sistemi agiscono in un animale dotato di consapevolezza, si producono sentimenti emotivi coscienti», infatti, «le reazioni emotive sono generate perlopiù inconsciamente» (Ivi, p. 19). Pertanto LeDoux distingue tra emozione e affetto, sostenendo che l’emozione sia puramente una reazione fisiologica priva di affetto.
Secondo LeDoux, il sistema specializzato dell’emozione riceve dei segnali fisiologici e produce delle risposte comportamentali, autonome e ormonali. Le memorie tampone corticali trattengono le informazioni sugli stimoli presenti e la memoria di lavoro, che sorveglia la memoria tampone, richiama le informazioni della memoria a lungo termine e interpreta il contenuto delle memorie tampone in base ai ricordi a lungo termine. I sostrati della memoria di lavoro si trovano nelle parti dorsolaterali della corteccia prefrontale. Pertanto, sulla base dell’analisi delle caratteristiche fisiche di uno stimolo, il cervello comincia a costruire un significato e per questo si ha un’eccitazione corticale. In questo modo, gli stati di coscienza si producono quando il sistema responsabile della consapevolezza viene messo al corrente dell’attività che avviene nei sistemi di elaborazione inconscia. Questo «legame tra meccanismi di valutazione e sistemi di controllo delle risposte fa sì che una volta che i primi hanno identificato un evento significativo, un insieme di risposte appropriate verrà programmato e spesso anche eseguito» (Ivi, pp. 72-73); quindi «la valutazione di uno stimolo è […] il primo passo per dare inizio a un episodio emotivo. Avviene inconsciamente. L’emozione implica delle tendenze all’azione e delle risposte fisiche oltre a esperienze coscienti» (Ivi, p. 55). Per LeDoux, «un’esperienza emotiva soggettiva, provare paura, per esempio, si produce quando diventiamo coscienti che un sistema cerebrale emotivo, quello di difesa, diventa attivo. Abbiamo bisogno di un sistema di difesa e abbiamo bisogno di essere consapevoli della sua attività», pertanto, «l’esperienza emotiva non è una questione di emozione, ma di come avviene l’esperienza cosciente» (Ivi, p. 278).
Scrive ancora LeDoux, «la memoria di lavoro è il processore seriale a capienza limitata che crea e manipola le rappresentazioni simboliche, il luogo dove avviene il monitoraggio e il controllo integrato dei processi specializzati di basso livello» (Ivi, p. 290), quindi, «con la memoria di lavoro, la coscienza si può concepire come un sistema computazionale, che crea delle rappresentazioni attraverso il computo o l’elaborazione di informazioni» (Ivi, p. 291).
In sintesi, scrive Panksepp, per LeDoux «l’affetto è una sorta di ripensamento emotivo che emerge quando la fisiologia emotiva viene riletta dalle parti della corteccia prefrontale che supportano la memoria di lavoro» (J. Panksepp, L. Biven, 2012, p. 76). I sentimenti coscienti non sono diversi dagli altri stati di coscienza, infatti esiste un unico meccanismo della coscienza e questo può occuparsi di faccende banali e di emozioni travolgenti, quindi il sentimento affettivo è solo uno dei tanti compiti eseguiti dalla memoria di lavoro. LeDoux non spiega però cosa sia il sentimento emotivo, sostenendo che «le emozioni sono evolute non come sentimenti coscienti ma come stati del cervello e risposte del corpo», arrivando ad affermare che «i sentimenti coscienti sono solo decorazioni» (J. LeDoux, 1996, p. 312).
Panksepp critica la teoria di LeDoux in più punti. Innanzitutto sul ruolo dell’amigdala. Mentre per LeDoux non si ha sentimento senza amigdala, Panksepp cita i casi di pazienti che presentavano un’amigdala completamente danneggiata, come nella sindrome Urbach-Wiethe, che comporta una calcificazione e distruzione di questa. Questi pazienti possono ancora fare esperienza di «preoccupazioni, paure e molte altre emozioni» (J. Panksepp, L. Biven, 2012, p. 76). Inoltre, come abbiamo visto, i sistemi di gioco, sofferenza, cura e ricerca non coinvolgono in modo evidente l’amigdala. Studi di visualizzazione cerebrale della paura negli esseri umani, per di più, hanno dato dei risultati interessanti sull’amigdala: mentre questa si accende quando i ricercatori trattano delle paure lontane, quando il pericolo è imminente si accendono, invece, le parti inferiori del sistema della paura, in particolare il PAG del mesencefalo. Come si è detto, questa regione cerebrale, per Panksepp, rappresenta «l’epicentro dei sentimenti e dei comportamenti paurosi». Stimolazioni elettriche negli animali mostrano delle «risposte avversive più forti ai livelli più bassi della stimolazione cerebrale» e nelle aree omologhe, gli esseri umani «fanno esperienza degli stati più paurosi della mente» (Ivi, p. 255).
Inoltre, «c’è una grande quantità di dati che indica che, durante forti stati emotivi, il cervello umano esibisce un’attivazione ridotta delle regioni frontali dorsolaterali», ossia in quelle parti della neocorteccia che sottendono la memoria di lavoro; di contro, «queste aree frontali dorsolaterali sono più attive quando le persone sono coinvolte in compiti cognitivi non emotivi». Pertanto, Panksepp sostiene che «presumibilmente questa è l’area cerebrale principale in cui gli esseri umani ragionano sulle proprie esperienze emotive in modo cognitivo e riflessivo», e questo verrebbe confermato anche dal fatto che «questa parte mediale del cervello è comunemente iperattiva nelle persone depresse» (Ivi, pp. 86-87).
Come scrive Panksepp, per LeDoux «i nuclei centrali dell’amigdala rappresentano semplicemente il “sistema di uscita” di varie reazioni di paura». Egli non avrebbe «preso in considerazione in modo esplicito il fatto che un sistema della paura integrato, con le sue numerose componenti ascendenti e discendenti che connettono l’amigdala con parecchie altre regioni cerebrali, sia sufficiente a generare i sentimenti grezzi della paura», ma «ha preferito l’ipotesi che i sentimenti emotivi emergano dalle regioni superiori della neocorteccia» (Ivi, p. 77).
Bisogna ribadire che l’esperienza affettiva grezza si deve considerare distinta da quella che riguarda la possibilità che gli animali siano «“autocoscienti” di ciò che sta accadendo loro con grandi preoccupazioni sul futuro, cosa che richiederebbe memoria di lavoro» (Ivi, pp. 255-256). Ciononostante, le esperienze affettive generate dai sistemi neuronali sottocorticali, senza bisogno di rilettura neocorticale, non sono semplici decorazioni ma corrispondo alle «varie ricompense e punizioni del CervelloMente», decisive nel «generare i ricordi affettivi appresi» e fondamentali anche per capire come le emozioni influenzino i processi mentali superiori (Ivi, p. 256).
Bibliografia:
- LeDoux J., 1996, The Emotional Brain. The Mysterious Underpinnings of Emotional Life, New York, Simon & Schuster (tr. it. Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Milano, Dalai, 2003).
- Panksepp J., Biven L., 2012, The Archeology of Mind. Neuroevolutionary Origins Of Human Emotions, New York, W.W. Norton & Company (tr. it. Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni umane, Milano, Cortina, 2014).
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