Il poema di Parmenide
Parmenide scrive il suo pensiero in un poema, un’opera in versi, che oggi viene chiamato Intorno alla natura. Questo poema, o almeno il proemio, sarebbe stato recitato durante una celebrazione della fondazione dell’acropoli di Elea.
L’opera di Parmenide si può considerare appartenente al genere degli inni. Le immagini delle divinità simboleggiano precisi valori di carattere naturalistico (es: Apollo = sole).
Nel proemio si legge la descrizione di un viaggio cosmico di cui Parmenide è protagonista, su di un carro solare trainato da cavalli e guidato da fanciulle solari. In certi tratti il corso accelera e allora le ruote mandano un suono stridente.
Le fanciulle solari sono le responsabili di quest’accelerazione e guidano il carro verso la luce dopo aver abbandonato le case della notte. Mentre guidano il carro si tolgono i veli dal volto e arrivano dove si trovano i sentieri della notte e del giorno. In questo luogo si trova un tempio fatto di pietra limitato da una pesante architrave, la porta è sbarrata ed essa è occupata da enormi battenti. Le fanciulle con parole leggere convincono la dea che abita il tempio ad aprire quei battenti: la dea che molto punisce, dea di giustizia, acconsente. Il tempio si apre e il carro può entrare nell’area del tempio celeste.
La dea lo accoglie con mente benevola e si rivolge a lui:
«O giovane compagno di aurighe immortali che giungi alla nostra dimora, sii il benvenuto, perché non è un destino malvagio quello che ti ha scelto e ti ha portato a condurre questa via ma la dignità (in greco: femis) e la giustizia (in greco: dike).
Il cammino che tu hai attraversato è un sentiero discosto, è necessario che tu impari ogni cosa, tanto l’immobile cuore della verità perfettamente rotonda, quanto le opinioni dei mortali e di entrambe io ti farò sapiente perché tu possa fare esperienza completa di tutte le cose».
La dea che lo guida è una dea che guida i mortali lungo le città e ispira gli uomini che molto sanno.
La dea raccomanda a Parmenide di prendersi cura delle parole che sta per rivolgere, facendogli notare che ci sono solo due vie di ricerca: una che è un cammino di verità (in greco: aletheia) e persuasione e una che non è dotata di esistenza ed è la via del nulla.
La dea dice: «è per me la stessa cosa il dove io comincerò perché di nuovo lì tornerò».
«Da qualunque parti cominci la mia rivelazione tornerei all’inizio della mia enunciazione».
«Occorre dire e pensare che l’essere infatti esiste e il nulla non esiste ma ora io ti farò anche sapiente della via dove vagano i mortali che nulla sanno».
«La via degli uomini che nulla sanno è la via degli uomini che hanno due teste (gli insicuri, gli oscillanti, i perplessi), sordi, ciechi, attoniti, stirpi senza giudizio, che confondono l’essere e il non essere, e per tutte le cose ammettono un cammino a ritroso».
Tutti coloro che sopraffatti dalle apparenze non sanno formulare un giudizio stabile.
«Tu da questa via dell’apparenza allontana il tuo pensiero, non lasciarti catturare, attrarre dalla varietà delle tue stesse esperienze e non far sì che il tuo occhio sia un occhio che non vede e il tuo orecchio solo luogo di suoni inutili e rimbombanti».
La dea dice inoltre: «pensare ed essere sono la stessa cosa».