La trasmigrazione delle anime
Raccontano che una volta Pitagora ha avuto compassione di un cagnolino maltrattato e ha detto a chi lo stava picchiando: «smetti di batterlo, perché ha l’anima di un amico che ho riconosciuto dalla voce». Si dice, inoltre, che Pitagora fosse capace di risalire attraverso la memoria alle vite precedenti.
I pitagorici pensano che quando una persona muore l’anima si libera del corpo. Dopo la morte l’anima può reincarnarsi. cioè nascere in un altro corpo, oppure può arrivare a una condizione divina. Le pratiche ascetiche permettono di arrivare a una condizione divina, se non si fanno pratiche ascetiche l’anima resta più vicina al corpo e quindi dopo la morte si reincarna. Quando si ha la separazione col corpo, le anime vengono espulse ed errano nel vento, raggruppate e dirette dal dio Hermes, che è lo psicopompo, cioè la guida delle anime. Le anime che si sono più avvicinate alla luce sono più elevate nel cielo, mentre quelle che sono rimaste vicino all’aere freddo sono legate a ceppi infrangibili dalle Erinni. Quindi tutta l’aria è piena di anime; le anime delle regioni più elevate inviano i sogni. L’anima si reincarna anche perché ha una colpa originaria da pagare e quindi si reincarna per purificarsi. Questo passaggio dell’anima viene chiamato metempsicosi. La sede originaria dell’anima sono le stelle. Credendo nella reincarnazione, i pitagorici non mangiano carne ed sono contro l’omicidio. La credenza sulla trasmigrazione delle anime è molto probabilmente giunta a Pitagora dagli egiziani insieme ai culti orfici e dionisiaci.
Si dice che Pitagora abbia detto: «Fortunato è l’uomo (eudaimonia) quando gli tocca in sorte un’anima buona. Ma nonostante ciò può non trovare quiete né riuscire mai a frenare la corrente del fiume».
La virtù è armonia, saper ordinare le cose affinché non si distruggano le une con le altre. La musica è un veicolo per giungere all’armonia.
Dice ancora Pitagora: «Il destino determina il corso delle cose, nel loro insieme e nelle singole parti».