I sofisti
Sophistés in greco indica il sapiente, cioè chi ha una certa competenza, un sapere particolare o una grande cultura. Il sofista è innanzitutto chi ha un determinato sapere e lo diffonde attraverso l’insegnamento. Il sofista in questo periodo diventa, però, il sapiente che viaggia da una città all’altra e chiede di essere pagato per le tecniche che insegna (sofistica), anche se proviene da una media/alta borghesia.
La parola sofista, allora, prende un significato negativo. Fino a quel momento la cultura ha un valore sacro e il sapiente è colui che è superiore agli altri. I sofisti, però, chiedono di essere pagati per il loro insegnamento e quindi “vendono” la loro cultura e per i greci questo è uno scandalo.
Il filosofo Aristotele dice che i sofisti sono «insegnanti dell’apparenza», quindi dei bugiardi; mentre Senofonte dice che i sofisti parlano per imbrogliare e per guadagnare e sono dei «prostituti della cultura».
Rispetto ai filosofi precedenti, i sofisti non parlano molto della natura ma soprattutto dell’uomo, della politica, delle leggi e della religione.
I loro obiettivi sono:
– dare un bagaglio culturale necessario ai protagonisti della polis;
– insegnare l’abilità per vincere nei conflitti nei tribunali e nelle assemblee;
– trasmettere la competenza nell’uso efficace del linguaggio;
– insegnare le loro conoscenze sulla natura umana e la sua condizione.
Si parla di dialettica: quando si ragiona/discute di qualcosa con l’idea di arrivare a dire una verità.
Si parla di retorica: quando il discorso non contiene verità ma l‘obiettivo è di convincere gli altri. L’obiettivo dei sofisti è quello di insegnare la retorica, cioè di usare la parola per convincere.